Moda, Tessile, Abbigliamento

“Alta qualità, design e riorganizzazione. Scelte obbligatorie per il made in Italy”

settembre 25 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

Tratto da: A CAMPIONE

Rivista specializzata dell’Associazione Italiana Chimica Tessile e Coloristica

L’editoriale di Antonio Mauro, responsabile direzione editoriale.

L’Europa sta attraversando acque molto agitate per un’inflazione alta e per i forti aumenti dei costi energetici e delle materie prime. La guerra è un amplificatore di queste situazioni che, però, hanno iniziato a manifestarsi quasi poco prima della fine, di fatto e poi formale, delle restrizioni anticovid. L’attesa ripresa post pandemia, ovviamente, ne ha subito risentito con un immediato rallentamento, sebbene non uniformemente distribuito, tra i vari settori.

Gli effetti complessivi a livello nazionale denotano una situazione tendente ad un peggioramento anche se non mancano fattori che agiscono in direzione opposta. Nel frattempo, i sostegni pubblici o sono ancora allo studio o non risultano sufficienti come evidenziato dalle varie categorie economiche.

L’inflazione corrente e persistente, salita all’8% a giugno, determina rischi per i consumi sia a livello produttivo che presso i consumatori finali, in particolare da parte delle famiglie. Anche per l’export le cose non brillano per la riduzione, se non chiusura, di alcuni importanti mercati di sbocco di tanti prodotti nazionali, tra cui quelli del settore moda-abbigliamento. Basti pensare alle situazioni contingenti di Russia, Cina, Giappone.

Gli Stati Uniti costituiscono ancora, comunque, una sponda per molte imprese con l’euro indebolito sul dollaro. Tuttavia, bisogna fare i conti con il rialzo dei prezzi e che il tessile si realizza con molti prodotti di importazione e con tanta energia.

Se la stagione calda, anzi caldissima, ha favorito una presenza di turisti stranieri a livello pre-covid con evidente soddisfazione degli operatori interessati, non altrettanto può dirsi per il consumo interno di abbigliamento. I consumatori finali tendono ancora ad essere prudenti dopo due anni di blocco totale del turnover circa l’acquisto di abiti. Il caldo torrido non ha poi favorito le vendite dei saldi, neppure nel caso di negozi aperti la sera un po’ dappertutto.

Bisogna, però, dare atto che l’industria del tessile-abbigliamento, comunque, sta resistendo nonostante un orizzonte di stagnazione. Le imprese tessili cercano in vario modo di recuperare gli aumenti dei costi. Quelle di nobilitazione, particolarmente energivore, ormai da mesi applicano, ad esempio, sulle proprie tariffe un ticket energetico, variato di mese in mese in base alle quotazioni ufficiali del costo dell’energia utilizzata. Si tratta di una sorta di “condivisione” degli aumenti per non gravare in modo eccessivo sui clienti e mantenere, così, attiva la produzione contro il rischio di una chiusura. In pratica un sistema per contenere l’erosione dei margini in un sistema al rialzo dell’inflazione.

Affrontare e risolvere le emergenze che il pianeta sta vivendo, dall’aumento delle temperature ai grandi disastri climatici, alle difficoltà di approvvigionamento di sempre maggiori quantità di materie prime nuove, costituisce, ormai, una priorità tanto per le aziende che producono moda a qualsiasi livello quanto per i loro fornitori e per i loro terzisti.

Quindi, tanto vale condividere gli sforzi attraverso reti di collaborazione che soddisfino insieme eco-friendly e business.

Obiettivo è un nuovo approccio “al fare moda” attraverso l’uso della tecnologia più avanzata in ambiti aziendali sempre più eco-tessili e ad economia, per quanto possibile, di tipo circolare.

Un’alta qualità di materiali, il più possibile certificati, e disegni innovativi costituiscono, ormai, i plus di riferimento per tutte le imprese del comparto. Non dimentichiamo che le aziende puntano a vendere i loro prodotti: il loro obiettivo, in questo momento, è duplice: sia riprendere la clientela diventata “pigra” per il lungo lockdown, sia trovare sbocchi alternativi ai mercati oggi impediti per le note ragioni. La strategia presuppone alcuni cambiamenti strutturali di lungo termine, ma comunque inseriti in logiche all’ordine del giorno. Citiamo: la trasformazione dei comportamenti dei consumatori prodotta dalle costrizioni della pandemia; maggiori richieste di prodotti ecosostenibili a prezzi compatibili con la capacità di spesa; il riposizionamento delle catene di fornitura e della logistica da livello mondiale a livello geopolitico “locale”; la necessità di investimenti in processi tecnologicamente più avanzati e contemporaneamente meno impattanti a livello ambientale. Ad esempio, in campo tintorio già sono state avviate nuove linee di tintura per filati che, a parità di produzione, richiedono un minore consumo d’acqua e solo 60°C invece degli abituali 90°C.

Servono, quindi, scelte coraggiose, sorrette da una visione del futuro e la capacità di tenere a bada timori giustificati attraverso una forte fiducia nelle proprie forze e in quelle complessive di quanti esprimono un desiderio di pace e di convivenza.

Facciamo, perciò, nostra la riflessione del Presidente di Pitti Immagine, Claudio Marenzi, che si dice certo che l’industria della moda continuerà ad essere uno strumento diplomatico extra-territoriale tra tutti i paesi, nonché mezzo di collegamento sulle strade del commercio globale.

Antonio Mauro

Responsabile direzione editoriale

 


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