LA MODA JUNIOR NEL 2016-2017 – Nota a cura del Centro Studi di Sistema Moda Italia
giugno 22 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Carpi, NewsIl bilancio settoriale del 2016
Nel 2016 il childrenswear (accezione questa che comprende l’abbigliamento in maglia e tessuto per ragazzi/e di età tra 0-14 anni, intimo ed accessori inclusi) resta interessato da una dinamica di segno positivo, assistendo peraltro ad un’accelerazione del ritmo di crescita rispetto al 2015. Grazie ad un incremento del +2,8%, il fatturato settoriale sorpassa ampiamente i 2,7 miliardi di euro.
La moda Junior, ancora una volta, si è giovata in primis del favore riscontrato sui mercati internazionali; anche in Italia, tuttavia, mercato preponderante per il comparto, si è comunque registrata una dinamica tra le migliori raggiunte in tutto il panorama del Tessile-Abbigliamento. Più nello specifico, l’export di comparto viene stimato in aumento del +4,4% su base annua, performance questa che ha consentito alle vendite estere di superare il miliardo di euro. Lo scorso anno l’incidenza media delle vendite oltreconfine sul giro d’affari sale, pertanto, al 37,7%. Rispetto al 2011 tale quota ha guadagnato 6,4 punti percentuali. Venendo a considerare il mercato italiano, nell’anno solare il sell-out archivia una variazione pari al -0,2%, confermando così sostanzialmente i livelli raggiunti nel 2015.
Parallelamente, le importazioni dall’estero, come riscontrato per la maggior parte dei comparti dell’Abbigliamento-Moda, a seguito di un biennio di incrementi vivaci, frenano al -0,6%.
A fronte della suddetta dinamica del trade con l’estero, lo scorso anno la bilancia commerciale settoriale, pur restando in deficit, guadagna 53 milioni di euro e si porta così a -736 milioni.
Nel 2016 l’interscambio con l’estero del solo abbigliamento per neonati (per il quale si possono isolare le voci doganali di pertinenza e, quindi, i flussi commerciali con l’estero per Nazione) ha assistito ad una discreta crescita dell’export, pari al +4,9%; contestualmente, l’import si mostra riflessivo, arretrando del -1,7%.
Con riferimento ai principali mercati di sbocco, la Spagna, pur al primo posto, presenta un decremento del -5,6%, in controtendenza rispetto al dato medio di comparto. Di contro, le altre top destination si rivelano vivaci: il Regno Unito cresce del +16,1%, la Germania del +2,2%, la Francia del +14,7%. Pur su valori più contenuti, performano egregiamente anche gli Stati Uniti (+29,4%); positivi risultano anche gli Emirati Arabi (+4,0%). Dal 2010 al 2014 primo mercato di sbocco del childrenswear italiano, la Russia, scivolata ora in sesta posizione, resta invece negativa ma decelera al -5,2%.
Sempre con riferimento al solo abbigliamento bebè, le importazioni dall’estero in Italia, complessivamente in calo, vedono la Cina in deciso arretramento (-18,7%), a favore di Francia (+14,4%), Bangladesh (+8,4%) e Spagna (+14,9%). Pur con riferimento a valori assoluti ben più modesti, crescono significativamente anche Turchia (+45,2%), Romania (+28,4%) e Germania (+18,2%).
Sulla scia di quanto sperimentato nel 2015, anche nel 2016 il mercato italiano ha saputo dimostrare una certa capacità di recupero. Il sell-out di moda junior, secondo le rilevazioni svolte da Sita Ricerca per conto di SMI, conferma sostanzialmente i livelli raggiunti l’anno precedente, archiviando un -0,2%. Segmento maggiormente al riparo da fattori congiunturali, sia per il maggior coinvolgimento emotivo sia per necessità funzionali legate al più breve ciclo di vita, il comparto sembra, dunque, aver trovato un nuovo punto di equilibrio.
Sotto il profilo merceologico il segmento ‘bambino’ e il segmento ‘bambina’ (quest’ultimo, si ricorda, strutturalmente preponderante con il 46,4% dei consumi di childrenswear in Italia) hanno sperimentato un trend dicotomico: il ‘bambino’ è rimasto in area negativa, flettendo del -0,9%, la ‘bambina’, invece, ha cambiato passo e nei dodici mesi evidenzia una dinamica del +0,2%. Il segmento ‘neonato’, infine, resta stabile (0,0%).
Dal punto di vista temporale, dopo un gennaio-febbraio 2016 iniziato in crescita (+0,8%) la P/E si è chiusa complessivamente ancora con un dato lievemente negativo (-0,3%), imputabile a un gravoso secondo bimestre (-2,3%) compensato, però, da un maggio-giugno e da un luglio-agosto in area positiva (rispettivamente +0,9% e +1,0%). La parte terminale dell’anno ha poi visto un contenimento del calo, soprattutto nel periodo settembre-ottobre (-0,5%).
Passando ora all’analisi del sell-out per canale, è possibile ottenere una fotografia non solo della struttura distributiva della moda junior nel nostro Paese, ma anche di mettere maggiormente a fuoco le preferenze, gli orientamenti e il comportamento d’acquisto delle famiglie italiane. Sulla base delle rilevazioni statistiche (in tal caso riferite non all’anno solare, bensì al periodo compreso dalla Primavera/Estate 2016 all’Autunno/Inverno 2016-17), le catene si confermano primo canale per sell-out intermediato, con un’incidenza del 51,4% sul totale, nonostante la battuta d’arresto contabilizzata nella misura del -1,8%.
Aumenti del sell-out a doppia cifra si registrano anche per la GDO (+11,5%): i Grandi Magazzini, con uno share del 14,4%, segnano infatti un +14%, similmente alle grandi superfici, in crescita del +14,6% e con una quota di mercato pari al 9,9%; in area negativa si muove invece il food, che cede il -1,8% nel periodo considerato.
Anche il canale digitale, pur circoscritto a quota 3,3%, si muove positivamente, crescendo del +17,4%. Il dettaglio indipendente arretra ancora su ritmi molto sostenuti (-12,3%), così come proseguono le perdite degli outlet, in calo quasi del -50%.
Venendo ora all’anno in corso, secondo i dati ISTAT ad oggi disponibili con riferimento al solo segmento bebè da gennaio a marzo 2017 l’export ha sperimentato un cambio di trend, evidenziando una flessione nella misura del -2,1%. Sul dato medio incidono i cali che hanno caratterizzato le vendite settoriali in Spagna (-16,6%), Francia (-5,9%) e Germania (-8,1%). Al contrario, il Regno Unito si conferma molto favorevole, archiviando un primo trimestre a +18,5%. La stessa Russia cambia segno e torna a mostrare un recupero più marcato, registrando una variazione del +13,4%.
Nei primi tre mesi dell’anno anche sul fronte import si rileva un cambio di passo: l’approvvigionamento dall’estero presenta, infatti, un rimbalzo pari al +11%, sospinto in particolare dai flussi provenienti dalla Francia e dall’India. La stessa Cina torna comunque a crescere, mentre il Bangladesh prosegue nella sua evoluzione positiva.