La moda maschile italiana nel 2014-2015
gennaio 13 | Pubblicato da Luigi Sorreca | NewsIl bilancio preconsuntivo del 2014
In un contesto congiunturale gravato da molteplici complessità, la moda maschile italiana (in un’accezione che comprende il vestiario e la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle), secondo le stime elaborate da SMI sulla base delle indicazioni provenienti dalle indagini campionarie nonché sulla base dell’andamento congiunturale del quadro macroeconomico di riferimento, dovrebbe archiviare il 2014 in lieve crescita. Il fatturato, infatti, sperimenterebbe un incremento del +1,2%, portandosi, dunque, a poco più di 8,6 miliardi di euro.
Sul risultato settoriale, come si vedrà meglio nel proseguo dell’analisi, ha inciso ancora una volta negativamente l’arretramento della domanda interna, mentre l’export ha contribuito positivamente alle performance della moda maschile: l’incidenza del fatturato estero guadagnerebbe, del resto, quasi due punti e mezzo in un anno, salendo al 64,2%.
Con riferimento ai singoli micro-comparti qui esaminati, nel 2014 la confezione maschile dovrebbe evidenziare una debole dinamica di aumento, mentre maglieria, camiceria e pelle chiuderebbero con una variazione superiore alla media segnata dalla moda maschile. Di contro, il comparto delle cravatte prosegue nel trend negativo.
Il valore della produzione (si ricorda che tale variabile si propone di stimare il valore ell’attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati), torna interessato da una flessione (-2%), a fronte anche di un significativo rimbalzo delle importazioni di prodotti dall’estero.
Come prima accennato, nel 2014 la maggior spinta all’industria italiana della moda maschile è da ricondurre ancora una volta al mercato estero, in particolare extra-europeo. Per i dodici mesi si stima una crescita delle vendite oltreconfine pari al +5,1%, corrispondente a poco più di 5,5 miliardi di euro. L’import, come rilevato per il complesso della filiera Tessile-Moda, ha, invece, sperimentato un deciso recupero, che porta a prevedere per il gennaio-dicembre un incremento pari al +8,8%, per un totale di quasi 3,7 miliardi.
Per l’attivo commerciale settoriale, a fronte del suddetto andamento degli scambi con l’estero, si prevede un lieve calo, che consentirà di mantenere il surplus di comparto superiore agli 1,8 miliardi.
Un quadro maggiormente dettagliato relativamente alle performance della moda uomo sui mercati internazionali si ottiene dall’analisi dell’interscambio con l’estero nei primi nove mesi del 2014. In tale periodo, sulla base dei dati ISTAT ad oggi disponibili, si assiste ad una prosecuzione del trend di crescita sul fronte export, e, contestualmente, ad un ritorno in area positiva anche dell’import.
In particolare, nel periodo monitorato le vendite oltreconfine evidenziano una crescita del +4,9% su base annua (corrispondente a poco meno di 4,5 miliardi di euro), mentre l’import recupera il +9,3% (passando a 3,4 miliardi circa).
Con riferimento agli sbocchi della moda uomo made in Italy, si sottolinea la soddisfacente performance dei mercati extra-UE, che da gennaio a settembre 2014 hanno messo a segno un incremento del +6,1%, mentre il mercato UE è risultato interessato da un incremento del +3,9%, assorbendo il 52,4% dell’export totale di settore.
Guardando con un maggior grado di dettaglio al Vecchio Continente, la Francia, pur confermandosi il primo mercato del menswear italiano, mostra, in controtendenza rispetto alla media settoriale e UE, un decremento del -2,3%. Di contro, la Germania sperimenta un incremento del +3,7%, mentre Regno Unito e Spagna crescono rispettivamente del +9% e del +9,2%.
Con riferimento alle principali piazze extra-europee, si sono mentenuti favorevoli gli USA, che presentano nel periodo monitorato un aumento del +7,8%, nonché Hong Kong e Cina, in crescita rispettivamente del +14,7% e del +17,9%. Un buon dinamismo si riscontra anche nel caso delle vendite in Corea del Sud, in aumento del +25,7%. Come già rilevato lo scorso anno, risultano, invece, cedenti sia la Russia, in flessione del -13,7%, sia il Giappone, che archivia un -5,2%.
Relativamente ai mercati di approvvigionamento, la Cina, top supplier in grado di assicurare il 23% circa della moda uomo importata in Italia, torna a segnare un aumento, nella misura del +3,3%. Il Bangladesh, da cui proviene al momento la metà dell’import dalla Cina, sperimenta, invece, un ritmo di crescita ancora decisamente vivace, pari al +26%. La Romania risulta caratterizzata da un debole incremento (+0,6%), mentre la Tunisia guadagna un +7,2%. Andamento ancora negativo, pur in miglioramento rispetto al 2013, interessa invece la Turchia, che arretra del -2,7%.
Se si guarda alle performance per linea di prodotto, da gennaio a settembre 2014 si registra un’evoluzione positiva dell’export per tutte le principali merceologie qui monitorate, ovvero vestiario esterno (+4,5%), maglieria (+4,6%), ma soprattutto camiceria (+8,2%) e abbigliamento in pelle (+13,1%). Perde ancora terreno, invece, il fatturato estero delle cravatte (-5,9%). Parallelamente, l’import mostra un generalizzato ritorno alla crescita, che oscilla tra un +15,5% segnato dalle cravatte e un +6,5% evidenziato dalla camiceria.
Venendo ora ad analizzare le dinamiche interne al mercato italiano, gravato da una situazione di debolezza del consumo delle famiglie, si rileva come la moda maschile non abbia trovato supporto nella domanda interna. Il mercato nazionale, del resto, dal 2008 presenta un trend complessivamente cedente, che è proseguito nel corso del 2014: per l’anno solare si stima un decremento in termini nominali dei consumi (sia familiari sia extra-familiari, comprensivi di scorte) nella misura (almeno) del -4,3%; rispetto alle dinamiche registrate nel biennio 2012-2013, si registra, tuttavia, una decelerazione del tasso di caduta.
I dati più aggiornati relativi sell-out invernale si riferiscono alla stagione Autunno/Inverno 2013-2014, archiviatasi con un calo delle vendite a valore, pari al -7,3% (che fa seguito, peraltro, ad un già gravoso -6,7% rilevato nell’A/I 2012-2013).
tutti i comparti qui esaminati si sono mossi in area negativa, pur evidenziando dinamiche più o meno marcate rispetto alla media. Solo le cravatte hanno visto contenere le perdite al -1,2%; il vestiario e la maglieria hanno ceduto rispettivamente il -6,6% e il -6,8%, così come le confezioni in pelle. Un decremento ben più accentuato della media stagionale ha, infine, colpito il sell-out di camiceria (-11,2%).
Osservando le performance ottenute dai singoli format distributivi (Fig.1.3), non mancano segnali significativi circa l’evoluzione dello stile di consumo degli italiani. Nell’A/I 2013-2014 vengono registrate dinamiche positive con riferimento non solo al sell-out intermediato dalle catene, in aumento del +1,5%, ma anche dagli outlet (+5,3%) e soprattutto dalle vendite on-line (+62,8%). Il trend favorevole ha accomunato così canali molto diversi tra loro per dimensione, visto che si va da uno share del 31% del mercato detenuto dalle catene, all’8% detenuto dall’outlet, al più marginale 3% dell’on-line. Il dettaglio indipendente, pur mantenendosi leader in virtù di una quota del 33% delle vendite totali di menswear in Italia, ha evidenziato, invece, un decremento ancora double-digit, pari al -16,1%.
Secondo le prime stime relative alla filiera Tessile-Moda nel suo complesso, nel primo semestre del 2015 dovrebbe protrarsi il trend positivo sperimentato nel corso del 2014. Anche per la moda uomo, sulla base delle rilevazioni campionarie condotte da SMI, il 2015 sembra aprirsi con un certo favore. Se si considerano gli ordini per la prossima P/E 2015, pur parziali al momento della raccolta dati ultimata da SMI lo scorso novembre, si riscontra una crescita non solo da parte della clientela estera (+8,5%), ma anche un ritorno in area positiva sul fronte nazionale (+2,3%).
Se il 50% delle aziende del panel operanti nella moda maschile, interrogate sulle aspettative a breve, propende per una “stabilità” delle condizioni congiunturali sperimentate nel corso del 2014, un discreto 30% confida in un miglioramento del mercato. Il restante 20% teme, invece, un nuovo peggioramento.
Così come nel caso del biennio appena trascorso, anche il 2014 si caratterizzerà per una spinta proveniente soprattutto dalle aree extra-UE, anche se non mancano finalmente indicazioni circa un possibile rasserenamento del mercato nazionale.