Moda, Tessile, Abbigliamento

La moda maschile nel 2024-25 Nota a cura dell’Ufficio Studi Economici e Statistici di Confindustria Moda

giugno 23 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Economia, News

1. Il bilancio settoriale del 2024

La moda maschile italiana (aggregato che, si ricorda, comprende l’abbigliamento in tessuto, la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) dopo tre anni di crescita – come emerge dal bilancio settoriale riportato in Tabella 1 – archivia l’anno 2024 con una flessione del -3,6%. Il fatturato del menswear italiano, pertanto scende a 11,4 miliardi di euro, coprendo così il 19,1% della filiera Tessile-Abbigliamento italiana. Le previsioni rilasciate in occasione della scorsa edizione di Pitti Uomo (Gennaio 2025), risultano, quindi, confermate.

Con riferimento ai singoli micro-comparti qui esaminati, chiudono tutti il 2024 con variazioni negative, ad eccezione della confezione in pelle, che presenta una crescita del +5,6%. A registrare le perdite maggiori sono le cravatte, in calo del -8,2%, seguite dalla maglieria esterna e dalla confezione, che rilevano un decremento di circa il -3,8% ciascuna; infine la camiceria palesa una contrazione del -3,2%.

Il valore della produzione (si ricorda che tale variabile si propone di stimare il valore dell’attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati) ha chiuso il 2024 in perdita del -3,0%.

Con riferimento all’interscambio con l’estero, l’export, nel 2024, ha mantenuto il suo ruolo di primo piano per la moda maschile italiana, concorrendo al 77,4% del fatturato. Su base annua le esportazioni di settore fanno registrare una timida crescita del +0,1%, superando gli 8,8 miliardi di euro. Di contro, l’import, ancora in territorio negativo, sperimenta una contrazione del -5,4% e cala a 5,3 miliardi circa.

Alla luce delle suddette dinamiche di export ed import, nel 2024, il settore rileva un aumento del saldo commerciale, che risulta in attivo per 3,5 miliardi di euro.

Se si passa ora ad analizzare il mercato italiano, emerge un quadro caratterizzato da una dinamica positiva, ma con valori ancora lontani da quelli pre-pandemici. Con riferimento all’anno solare 2024 gli acquisti di moda maschile da parte delle famiglie residenti segnano un aumento rispetto all’anno precedente (+0,8%); le rilevazioni effettuate da Sita Ricerca per conto di Confindustria Moda indicano quindi una ripresa, seppur debole, dei consumi.

Sempre analizzando l’anno solare 2024, la confezione concorre al 52,6% del sell-out di moda maschile, confermandosi così il comparto predominante, seguita dalla maglieria con un’incidenza del 34,0%. La camiceria rappresenta il 9,5% del mercato della moda uomo, la confezione in pelle, ora a quota 2,9%, guadagna terreno; infine, detengono una percentuale più contenuta le cravatte (1,0%).

Guardando alle performance per stagione, la spesa di menswear, archivia per la Primavera/Estate 2024 una flessione pari al -0,6%. Risultato dovuto alla dinamica negativa registrata da tutti i comparti, con la sola eccezione della confezione maschile che, al contrario evidenzia un lieve aumento (+0,6%). La perdita maggiore, pari al -8,3%, si rileva per le cravatte, seguite dalla camiceria maschile, in flessione del -3,7% e dall’abbigliamento in pelle, in contrazione del -3,3%. Infine, la maglieria esterna maschile contiene il calo al -0,4%.

Al contrario nell’Autunno/Inverno 2024-25 i consumi hanno riscontrato un andamento positivo, mostrando una crescita media del +1,6%: in questa stagione tutti i comparti presentano degli incrementi compresi tra il +2,1% della confezione e il +0,3% della camiceria; controcorrente si muovono solo le cravatte, interessate da una contrazione del -8,2% che, non ha, però, intaccato l’andamento della stagione.

A livello di canale distributivo (si ricorda che tali dati, essendo disponibili per stagione, sono relativi al periodo compreso da marzo 2024 fino a febbraio 2025), il mercato uomo nazionale si conferma dominato dalle catene, la cui incidenza si assesta al 47,0% (-0,5 punti quota rispetto al periodo corrispondente 2023-24), nonostante abbiano sperimentato a valore una riduzione del   -0,3%. La GDO, con un incremento del +5,7%, resta al secondo posto (23,3% di share): a crescere maggiormente, tra i canali che la compongono, è il canale food (+16,2%). Parallelamente, continua a perdere terreno il dettaglio indipendente, sceso a quota 17,3% a seguito di un decremento del -2,0%. Anche l’on-line, permane in territorio negativo e flette del -5,9%, questo si traduce in un’incidenza dell’8,1%; al contrario, l’ambulante mette a segno un aumento a doppia cifra, pari al +36,2%, che gli garantisce il 2,3% delle vendite di moda maschile italiana. In ultimo, gli outlet/negozio stokkista, continuano a ridurre il loro peso: registrano infatti, una flessione del -11,4%, a cui corrisponde uno share dell’1,6%.

 

 

2. Le performance sui mercati esteri nel 2024

La moda maschile italiana nel 2024 sul fronte delle vendite estere si è mantenuta in territorio positivo, ma con ritmi più contenuti rispetto a quelli registrati nell’anno precedente; le importazioni, invece, sono rimaste in territorio negativo. Come indicano i dati ISTAT, l’export relativo al periodo gennaio-dicembre 2024 ha contenuto l’aumento al +0,1% sul 2023, per un totale di circa 9,5 miliardi di euro; mentre l’import ha palesato una flessione del -5,4%, calando a 6,5 miliardi di euro.

Con riferimento agli sbocchi commerciali, si rileva un comportamento dicotomico delle aree UE e di quelle extra-UE: le prime crescono del +0,6%, di contro le seconde perdono il -0,2%. Il mercato comunitario copre il 45,9% dell’export totale di settore, mentre l’extra-UE risulta il maggior “acquirente”, assorbendo il 54,1%. Nel caso delle importazioni, dalla UE proviene il 48,5% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, parallelamente il mercato extracomunitario garantisce il 51,5%, si sottolinea come entrambe le aree si siano rilevate in calo per la moda maschile (flettendo rispettivamente del -4,8% e del -6,0%).

Nel periodo in esame, la Francia si è confermata la prima destinazione del menswear made in Italy, in aumento del +5,5%, ha raggiunto così 1,2 miliardi di euro, pari al 12,8% del totale settoriale. La Germania, al secondo posto con una quota del 10,0%, registra una flessione del     -3,1%, seguita dagli Stati Uniti, che al contrario presentano un incremento del +1,0%, che gli garantisce uno share del 9,4%. La Cina, a fronte di una crescita del +20,0%, raggiunge i 777 milioni di euro (8,1% sul totale) e sale in quarta posizione; parallelamente, Hong Kong, in decima posizione, mostra anch’esso un aumento a doppia cifra dell’export italiano di comparto (+13,7%). La Spagna, quinta, fa registrare un incremento del +3,7%, mentre la Svizzera – strategico hub logistico/commerciale per le principali griffe del settore – continua a palesare una dinamica negativa: scivola, infatti, al sesto posto a seguito di una flessione del -37,1%, che la porta a rappresentare il 4,8% delle vendite estere. Il Regno Unito, che detiene la stessa quota della Svizzera, mostra anch’esso una contrazione del -6,5% dell’export di comparto.

Troviamo poi Giappone e Corea del Sud, mentre il primo sperimenta una variazione positiva del +11,5%, la seconda cala del -10,9%. I Paesi Bassi, undicesimi, sono scesi del -2,1%, assicurandosi il 3,3% delle esportazioni di moda uomo.

Infine, troviamo la Polonia e gli Emirati Arabi Uniti che evidenziano una dinamica positiva a doppia cifra (crescono rispettivamente del +14,0% e del +32,4%), di contro la Russia, con un’incidenza del 2,0% (pari a quella degli Emirati), presenta una perdita del -1,3%. In ultimo l’Austria, in aumento del +0,7%, si assicura l’1,8% delle vendite estere di moda maschile.

Relativamente alle importazioni, nel 2024, la Cina si è confermata il top supplier di moda uomo con un’incidenza del 12,0%, nonostante abbia accusato un decremento del -6,9%. Anche il Bangladesh – rimasto in seconda posizione – ha registrato una dinamica negativa nella misura del -4,6%; seguito dalla Francia, anch’essa in calo (-9,4%).

I dati dell’import di Cina e Bangladesh vanno comunque incrociati con quelli dei Paesi Bassi, tradizionale porto d’ingresso per merci asiatiche, che hanno rilevato un aumento del +2,4% posizionandosi al quarto posto, nonché con quelli del Belgio, ottavo, che ha, però, riscontrato un’importante dinamica negativa (-18,6%). La Spagna, al quinto posto, si è incrementata del +19,4%, seguita dalla Romania che, al contrario, è calata del -17,8%. Consistenti perdite si rilevano anche per Tunisia e Turchia, in flessione rispettivamente del -14,7% e del -22,2%.

Guardando al dato di interscambio non più per Paese ma per merceologia, si assiste ad una dinamica negativa con riferimento all’export per tutti i prodotti, ad eccezione dell’abbigliamento in pelle e della confezione, che hanno archiviato un aumento, ma su ritmi diversi: il primo cresce del +11,1% mentre la seconda del +0,1%. Al contrario, l’export di cravatte ha presentato una perdita del -7,4%, parallelamente quello di camiceria e maglieria è calato rispettivamente del -1,2% e del -0,1%.

Nel caso delle forniture provenienti dall’estero, le importazioni di abbigliamento in pelle sono le uniche che hanno palesato un aumento (+5,2%). Le altre merceologie hanno archiviato dei decrementi: la perdita maggiore, pari al -20,2%, è stata registrata per le cravatte, seguite dall’abbigliamento confezionato, in calo del -5,8%; camiceria e maglieria esterna hanno riscontrato entrambe una flessione del -5,2%.

 

3. La moda maschile nei primi mesi del 2025

Nei primi due mesi del 2025 la moda maschile italiana registra un cambio di direzione nelle dinamiche di import ed export rispetto a quelle del medesimo periodo dell’anno precedente. I due flussi sono caratterizzati da andamenti dicotomici, mentre il primo registra un incremento, il secondo rileva una frenata. Sulla base degli ultimi dati ISTAT recentemente diffusi, il gennaio-febbraio vede infatti l’export settoriale in flessione del -6,9%, per un totale di circa 1,6 milioni di euro, mentre l’import cresce del +10,4%, salendo a 1,2 milioni di euro.

Focalizzando dapprima l’analisi sulle esportazioni, con riferimento agli sbocchi commerciali si sottolinea come sia le aree UE sia quelle extra-UE abbiano registrato una dinamica negativa per la moda uomo, calando rispettivamente del -2,0% e del -10,9% nel periodo monitorato. Il mercato UE copre il 46,9% dell’export totale di settore, mentre l’extra-UE si conferma il maggior “acquirente”, assorbendo il 53,1%.

Nel primo bimestre 2025, la prima destinazione del menswear made in Italy è la Francia, nonostante rilevi una contrazione del -3,5%. Al contrario, gli Stati Uniti, grazie ad un incremento del +9,5%, guadagnano il secondo posto, seguiti dalla Germania, che, invece, flette del -4,2%. Al quarto posto troviamo la Cina, che, dopo la forte crescita registrata nel primo bimestre 2024, presenta una variazione negativa a doppia cifra (-16,6%); similmente Hong Kong, in decima posizione, presenta anch’esso un calo, nella misura del -10,9%.

La Svizzera continua a perdere terreno, nel periodo monitorato rileva una flessione del -23,5%, che la fa scivolare in settima posizione. Anche la Corea del Sud è interessata da una contrazione (-17,1%), mentre la Polonia, dodicesima, mette a segno una crescita del +23,1% che, le assicura il 2,9% dell’export di comparto.

Relativamente alle importazioni, nel gennaio-febbraio 2025, il mercato comunitario e quello extra-UE, registrano dinamiche opposte. Ad avere la meglio è l’extra-UE che, grazie ad un incremento del +25,5%, diventa il principale fornitore della moda maschile, assicurandosi il 56,5% della merce in ingresso nel nostro paese. Al contrario il mercato comunitario presenta una flessione del -4,5%, che garantisce il 43,5% dell’import di comparto. In tale periodo il Bangladesh mette a segno un forte aumento (+61,9%), che lo fa balzare in prima posizione, con 173 milioni di euro. Anche la Cina, seconda, registra un incremento importante, nella misura del +32,1%, che corrisponde ad una quota del 13,7% dell’import di moda maschile. Al terzo posto troviamo la Spagna, interessata anch’essa da una dinamica positiva double-digit (+21,7%). Tra gli altri fornitori si registrano variazioni positive, ad eccezione dei Paesi Bassi, che si mantengono stabili e da altri cinque paesi che registrano delle flessioni, sebbene presentino tutti valori assoluti ben più contenuti: Francia (-23,7%), Germania (-17,2%), Romania (-7,3%), Tunisia (-6,6%) e Turchia (-9,5%).

Guardando al dato di interscambio di moda maschile non più per Paese ma per prodotto, con riferimento all’export si rileva una contrazione generalizzata, con l’unica eccezione dell’abbigliamento in pelle, che mette a segno una crescita del +14,2% rispetto al primo bimestre del 2024. Le perdite maggiori si registrano per le cravatte (-14,9%), seguite dalla maglieria, in calo del -10,3%. La camiceria rileva una flessione del -7,1%, e l’abbigliamento esterno del -5,3%.

Al contrario, le importazioni in termini di prodotto risultano interessate da un andamento favorevole, ad eccezione del comparto delle cravatte, che registra un calo del -3,8% rispetto ai primi due mesi dell’anno precedente. Le vendite estere di abbigliamento in pelle guadagnano il +13,4% e quelle di vestiario esterno il +12,9%. Anche le importazioni di maglieria e di camiceria aumentano, crescendo rispettivamente del +8,7% e del +5,8%.

Guardando il mercato italiano, secondo i dati elaborati da Sita Ricerca per Confindustria Moda, il sell-out di moda maschile, nel periodo gennaio-febbraio 2025, arretra del -2,8% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Questa dinamica negativa si rileva per tutti i comparti della moda uomo italiana. A presentare il calo maggiore sono le cravatte (-14,0%), seguite dalla camiceria maschile, che segna un -5,3%; mentre la variazione più contenuta si rileva per l’abbigliamento in pelle (-2,0%).

 

Sulla base dell’Indagine Campionaria, condotta dall’Ufficio Studi Economici e Statistici sul panel Confindustria Moda di aziende operanti nella moda uomo, la quota maggioritaria (75%) confida in una stabilità del fatturato del primo semestre 2025 rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Una quota del 15% propende per un primo semestre in declino rispetto al 2024, mentre è circoscritta al 10% la percentuale di chi confida in un miglioramento.

Al di là di queste prime indicazioni, l’appuntamento fieristico di Pitti Uomo si rivelerà ancora una volta un termometro particolarmente significativo per capire le tendenze del mercato, consentendo agli operatori del settore di formare al meglio le proprie aspettative per i mesi a venire e indirizzare, di conseguenza, le proprie strategie di business.

Firenze, 17 giugno 2025

 


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