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MICAM: La filiera contro il greenwashing: più sostenibilità e innovazione

novembre 28 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

Inutile girarci intorno: la strategia di una filiera di successo è racchiusa – e lo sarà sempre più in futuro – in due parole, sostenibilità e innovazione. Termini che sono legati tra loro, che a volte dipendono l’uno dall’altro. Ma che certo non possono più prescindere l’uno dall’altro.

Questo è quanto è emerso dalle recenti conferenze che si sono tenute a MICAM X, l’innovation Hub di MICAM Milano, che nelle parole dei vari relatori ha visto farsi strada sempre più prepotentemente il concetto di sostenibilità. E questo in ogni settore della filiera produttiva, dai fornitori di materiali a chi si occupa di packaging e di logistica.

Ma questo processo non si ferma qui: si estende anche a una nuova chiave di relazione con il cliente, perché oltre a far ripensare, come detto, a prodotti, logistica, negozi e servizi, contribuisce anche a migliorare la reputazione di un brand, favorendone la coesione tra azienda e territorio.

Perché il consumatore, negli anni, è cambiato: oggi si informa su internet sui luoghi e sulle modalità di produzione degli articoli che compra, legge con attenzione le etichette, riconosce i materiali, spesso è informato sulla quantità di CO2 liberata per produrre i suoi accessori o capi preferiti.

E, per questo, preferisce affidarsi a marchi che siano sostenibili veramente – non solo a livello ambientale, ma anche sociale e di governance – e sarà sempre di più così. La reputazione di un’azienda, non solo nel mondo del retail, sarà sempre più corrispondente alla realtà, e i tentativi di greenwashing e altri fenomeni simili saranno sempre più smascherati dai consumatori.

Vale la pena, quindi, mettere in atto da subito un cambiamento culturale ancor prima che economico – che avverrà a seguire – di schemi e modelli che non sono attualmente più sostenibili, rinnovandoli anche grazie alle tecnologie oggi esistenti. Imparando a guardare la produzione con occhi nuovi e creativi, magari osservando, ad esempio, scarti di pellame vedendoci dietro già nuovi oggetti, se non una vera e propria «ricchezza», come ha raccontato Noemie Dumesnil, direttore operativo di Authentic Material (sito: https://www.authentic-material.com/en). Come un moderno alchimista, il brand regala nuova vita ai materiali naturali scartati, dai sottoprodotti di produzione alle eccedenze, progettando materiali sostenibili e “su misura” ottenuti grazie a una “polvere” fatta di prodotti di riciclo, che consente una trasparenza totale nella tracciabilità.

Ma non solo: non bisogna ripensare solo la filiera produttiva, come ha spiegato Liz Alessi, consulente sostenibilità di Liz Alessi Consulting.

Altrettanto importante è il tema del fine vita del prodotto. Alcuni brand lungimiranti, ad esempio, danno la possibilità di riparare capi e accessori, allungandone la vita. Come Timberland, che ripara le scarpe danneggiate e le restituisce al consumatore per farle durare più a lungo. Il messaggio che lancia? “Facciamo prodotti talmente di qualità che, una volta riparati, possono passare alle generazioni a venire”. Non male, eh?

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