Nota di Confindustria: sulla perdita delle aziende incidono più i costi fissi che la riduzione del fatturato
aprile 15 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News, PratoTutela e rilancio del sistema produttivo, Confindustria Toscana Nord: decisivi meccanismi di ristoro, liquidità, disciplina della crisi d’impresa.
Il nodo costi fissi del manifatturiero in una simulazione.
Una nota sintetica con i messaggi più importanti da affidare all’attenzione delle figure politico-istituzionali espresse dai territori di Lucca, Pistoia e Prato: è questo il documento ”Principali istanze a tutela e rilancio del sistema produttivo” che Confindustria Toscana Nord ha sottoposto ai parlamentari ed ai consiglieri regionali di riferimento, oltre che ai prefetti delle tre province. Un atto non inedito, visto che dall’inizio della pandemia vi è sempre stato un dialogo continuativo fra l’associazione e la politica locale e nazionale e che quello stesso documento, in versioni precedenti, ne è stato la base.
“Questo momento è particolarmente delicato e importante – commenta il presidente di Confindustria Toscana Nord Giulio Grossi -. Siamo in una fase di passaggio, con la malattia ancora a livelli significativi e le vaccinazioni già in corso ma, a causa di intoppi e anche di scelte discutibili, poco più che all’inizio: ora entrambi gli aspetti su cui è incentrato il nostro documento, quello immediato della tutela del sistema produttivo e quello strategico del suo rilancio, devono marciare di pari passo, in coerenza l’uno con l’altro e con la stessa forza e incisività. Entrambi sono fondamentali: la tutela per non far chiudere aziende sane, messe in difficoltà dal virus ma che hanno bisogno solo di aiuto per continuare la loro attività; il rilancio per dare un nuovo impulso all’economia. Non si può sbagliare su nessuno dei due fronti. Il documento che abbiamo trasmesso ai nostri interlocutori politici e istituzionali sintetizza una molteplicità di aspetti che vanno da interventi immediati fino agli investimenti infrastrutturali. Ragionando per provvedimenti, potremmo dire che è materia utile per l’imminente Decreto sostegni bis come per il Recovery Plan. Tutto quello che evidenziamo è importante ma alcune misure lo sono in maniera decisiva. Innanzitutto, i meccanismi di ristoro, ora circoscritti ad aziende con un fatturato fino a 10 milioni, troppo basso per coprire efficacemente il mondo industriale, e limitato al 20% del calo medio mensile del 2020 rispetto al 2019, davvero molto poco. Sono porte troppo strette.
Nel nostro documento ribadiamo che comunque è il criterio stesso della riduzione del fatturato ad avere poco senso, mentre lo avrebbe ben di più ragionare per entità delle perdite. A fare la differenza sono i costi fissi, che nelle imprese manifatturiere è generalmente alto. Salutiamo quindi con favore le aperture in questo senso fatte dal ministro Giorgetti: è questa la strada giusta, senza alcun dubbio. Abbiamo fatto una simulazione per evidenziare questo aspetto: a parità di condizioni di partenza e di calo di fatturato, un’azienda con costi fissi elevati, tipici del manifatturiero, va incontro a una marcata perdita, mentre un’altra azienda con costi fissi contenuti può riuscire a chiudere il bilancio addirittura ancora in positivo.”
In sintesi, la simulazione elaborata dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord dimostra come due aziende che abbiano, in partenza, lo stesso margine unitario del 4% e la stessa incidenza del patrimonio netto sui ricavi, ma con costi fissi l’una del 50% e l’altra del 10% dei costi totali, se sottoposte entrambe a una contrazione dei ricavi del 20%, chiudono il bilancio in maniera opposta. L’azienda con alti costi fissi, generalmente appartenente al manifatturiero, si trova a gestire un crollo del margine unitario del -8% e dell’utile netto in rapporto al patrimonio netto del -16%; l’azienda con bassi costi fissi chiude in positivo, con un margine unitario a +1,6% e l’utile netto in rapporto al patrimonio netto a +3,2%.*
Una differenza clamorosa, quindi. Confindustria, nelle sue interlocuzioni con Governo e Parlamento, sta opportunamente chiedendo che nel definire le misure di ristoro il nodo dei costi fissi trovi adeguata rilevanza.
“Un’altra condizione fondamentale per dare respiro alle aziende riguarda la liquidità - conclude il presidente Grossi -. Dopo qualche difficoltà iniziale, alle aziende gli affidamenti sono in linea di massima arrivati, ma bisogna prendere atto che col perdurare della crisi i rientri non potranno essere immediati: chiediamo di estendere la durata dei prestiti oltre i 30.000 euro almeno a 15 anni, con i necessari adeguamenti normativi. Servono anche nuovi affidamenti: per tutto il 2021 occorrerà garantire la continuità delle misure a sostegno della liquidità e dell’export, contando ancora sul Fondo di garanzia e sulla Sace, ed estendere ulteriormente le moratorie sui prestiti. Necessario anche rendere strutturale l’aumento dell’importo garantito a 5 milioni, l’estensione alle Mid-Cap e le garanzie statali per il credito commerciale. Sempre nella logica di salvaguardare le imprese dagli effetti della crisi, anche la nuova disciplina sulla crisi d’impresa non può entrare in vigore prima del 2023: mantenere la sua decorrenza a settembre o posticiparla in misura insufficiente significherebbe farvi rimanere impigliate anche aziende che hanno l’unico torto di essere state messe a dura prova dalla pandemia, ma di per sé sane ed efficienti. Un’eventualità, questa, da scongiurare in ogni modo. In una situazione così grave contiamo sulla massima attenzione degli eletti nei collegi di Lucca, Pistoia e Prato. Le imprese si sono adeguate, con fatica ma anche con la convinzione di adempiere a un dovere imprescindibile, alle misure di contrasto ai contagi; hanno dato disponibilità, quando i locali lo consentono, ad accogliere la campagna vaccinale, che auspichiamo quanto più possibile celere. Non vogliamo che il manifatturiero diventi la cenerentola delle politiche di tutela e di rilancio. Se è vero che ormai tutte le imprese sono aperte e molte lo sono sempre state, è altrettanto certo che interi importanti settori, che impiegano tante persone, stanno soffrendo. Il manifatturiero è l’asse portante dell’economia nazionale: trascurarlo in questo frangente sarebbe un errore irreparabile.”
Il documento ”Principali istanze a tutela e rilancio del sistema produttivo” si sofferma su molti altri temi: fisco, lavoro, riorganizzazione delle filiere, internazionalizzazione, innovazione, formazione, misure per l’edilizia. Una parte significativa è riservata alla sostenibilità, per la quale si richiedono provvedimenti a costo zero che potrebbero facilitare l’attività delle imprese e consolidare il primato dell’Italia nell’economia circolare. Una sezione del documento è dedicata a misure di competenza regionale, inclusa la necessità di un rifinanziamento di misure agevolative attivate l’estate scorsa e subito sospese per esaurimento dei fondi. Lungo, infine, l’elenco delle infrastrutture rilevanti per il mondo industriale: dall’impiantistica per lo smaltimento dei rifiuti ai sistemi viario, ferroviario, autostradale e aeroportuale fino agli interventi richiesti a favore dell’intermodalità e di una maggior accessibilità e funzionalità del porto di Viareggio.
*La simulazione è basata su strutture di costi aziendali realistiche ma teoriche e mira unicamente a far comprendere quanto la diversa percentuale di costi fissi incida nei risultati finali di bilancio. Tra i costi fissi deve essere considerato anche, in parte, il personale, che nel manifatturiero costituisce una voce di costo normalmente fondamentale. Il fatto che questa voce abbia trovato ristoro negli ammortizzatori sociali non ha un rilievo determinante ai fini del ragionamento perché situazioni di commesse discontinue, estemporanee e di entità contenuta e la necessità di offrire servizio ai clienti e di presidiare il mercato esigono la permanenza in attività di personale anche senza un pieno ritorno in termini di fatturato, limitando di fatto le possibilità di ricorso alla cassa integrazione.
IL SISTEMA PRODUTTIVO IN NUMERI
IL TERRITORIO E LA POPOLAZIONE
L’associazione Confindustria Toscana Nord comprende i territori delle Province di Lucca, Pistoia e Prato, che rappresentano il 13,5% della superficie regionale (3.103 kmq), con 937.258 cittadini residenti nelle tre province che sono il 25% della popolazione Toscana (il 10,4% a Lucca, il 7,8% a Pistoia, il 6,9% a Prato).
LE IMPRESE E GLI ADDETTI
Nelle tre province sono presenti 86.903 imprese attive con 277.613 addetti, rispettivamente il 26,9% e il 25,2% del totale regionale. La provincia con il maggior numero di imprese è Lucca (circa 34.400 e 111.000 addetti) seguita da Prato (circa 27.800 e 96.000 addetti) e Pistoia (24.700 e 70.100 addetti).
L’attività manifatturiera è molto più concentrata nella provincia di Prato, sia in termini assoluti (6.800 imprese e 41.000 addetti) sia in termini relativi (24,4% del totale imprese e 42,8% del totale addetti). Il numero di imprese manifatturiere di Prato è infatti superiore a Lucca (3.200 imprese e 28.000 addetti) e a Pistoia (3.000 e 17.700 addetti). In termini relativi il divario si amplifica (9,3% del totale imprese e 25,2% del totale addetti a Lucca e 12,3% e 25,3% a Pistoia).
Il comparto delle costruzioni è più presente in provincia di Lucca con 4.500 imprese e 10.300 addetti (13% del totale imprese in termini relativi) seguito da Pistoia (3.300 imprese e 6.800 addetti, 13,2% del totale imprese) e Prato (2.900 e 5.600 addetti pari al 10,3% del totale imprese).
L’indice di imprenditorialità (stabilimenti non agricoli ogni 100 abitanti) dei territori della Toscana Nord è 9,9 (Lucca 9,4, Pistoia 9, Prato 11,6). L’indice Italiano è 7,7, della Toscana 9,2. La presenza di imprese manifatturiere non artigiane evidenzia la vocazione industriale delle province di Lucca, Pistoia e Prato: nell’ultimo aggiornamento l’Istat ne ha censite 4.452, che rappresentano il 35,8% del totale regionale, con 51.067 addetti (il 29,3% della Toscana).
Le imprese industriali all’interno del settore manifatturiero sono più diffuse a Prato rispetto quanto non lo siano in Italia e in Toscana: il 38% delle imprese manifatturiere pratesi non ha carattere artigiano (Toscana: 33%, Italia 33%). A Lucca invece, dove le imprese sono mediamente più grandi, il manifatturiero industriale assorbe il 72% dell’occupazione, mentre nel resto della regione la percentuale scende al 63%.
L’elevato numero di stabilimenti produttivi testimonia la diffusione capillare della manifattura sul territorio; sono presenti 14.200 stabilimenti di imprese manifatturiere attive, che rappresentano il 34,5% del totale regionale, con 89.227 addetti (il 30,9% della Toscana).
IL VALORE AGGIUNTO
Le province di Lucca, Pistoia e Prato producono il 23% del totale del valore aggiunto della Toscana (23,366 m.di €). I settori più rilevanti, con quote di valore aggiunto superiori al 20% del totale regionale sono il manifatturiero (25%), le costruzioni (24%) e i servizi (22%). Il valore aggiunto dell’industria in provincia di Lucca incluse le costruzioni, è pari a circa 2,7 miliardi di euro, 2,2 miliardi di euro in provincia di Prato e 1,5 miliardi in provincia di Pistoia.
L’EXPORT
Le tre province nel 2019 hanno esportato complessivamente 8,277 miliardi di euro, pari a circa il 20% dell’intero valore delle esportazioni toscane.
LA CONGIUNTURA
Sia la produzione industriale che le esportazioni dell’area Lucca, Pistoia, Prato, nel 2020 si sono fortemente ridotte rispetto al 2019, riflettendo le difficoltà legate alla pandemia globale. In alcuni territori in particolare, dove esiste una forte concentrazione dei settori più colpiti dalla pandemia (per esempio la moda), si sono registrate difficoltà maggiori sia rispetto alla media dell’area che a quella italiana.
Nella foto: Giulio Grossi, presidente di Confindustria Toscana Nord