Moda, Tessile, Abbigliamento

Nota economica sulla tessitura – Febbraio 2021 (A cura del Centro Studi di Confindustria Moda per SMI)

febbraio 4 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, Carpi, Como, Economia, News, Prato

Il Covid-19 ha colpito duramente anche la tessitura made in Italy. Il comparto chiude il 2020 con una contrazione del fatturato senza precedenti, stimata al -27,4%, attestandosi a meno di 5,5 miliardi di Euro e perdendo oltre due miliardi in 12 mesi.

L’export cede il 26,7% su base annua, l’import il 25,7%, a fronte del suddetto andamento, l’attivo della bilancia commerciale di comparto si ferma a 1,6 miliardi di Euro, concorrendo per circa un quarto all’attivo dell’intera filiera tessile-abbigliamento.

La Germania si conferma come primo mercato di sblocco dei tessuti italiani, seguita da Cina, Hong Kong e Francia.

1. Il bilancio preconsuntivo del 2020

Secondo le stime preliminari elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda per SMI – basate sul quadro congiunturale di riferimento e sulle Indagini Campionarie interne – il bilancio 2020 della tessitura made in Italy (in un’accezione comprensiva di tessitura laniera, cotoniera, liniera, serica e a maglia) risente in maniera significativa del contraccolpo della pandemia Covid-19 e del conseguente raffreddamento della domanda sia estera sia interna.

Come avvenuto per gran parte dei comparti della filiera Tessile-Moda, la tessitura archivia dunque una contrazione senza precedenti, stimata al -27,4%; il fatturato scende a meno di 5,5 miliardi di euro, perdendo oltre due miliardi in dodici mesi.

La tessitura, ad ogni modo, concorre al 12,3% del fatturato generato dal complesso della filiera Tessile-Moda, quota lievemente in calo rispetto allo scorso anno (cfr. Fig. 1).

I diversi comparti qui monitorati sono risultati, chi più chi meno, tutti esposti alla congiuntura internazionale, perdendo tra il -25% e il -30%; l’unico segmento che ha sperimentato una dinamica di “relativamente” minor intensità è la tessitura a maglia, che dovrebbe archiviare una variazione nell’ordine del -15,5%.

Il valore della produzione (che nelle stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda tenta di depurare il valore delle vendite totali dal contributo derivante dalla commercializzazione di prodotti importati) risulta caratterizzato da un’evoluzione altrettanto negativa, che conduce a prevedere un calo almeno del -28,3%.

In relazione all’occupazione, come noto, le aziende hanno fatto ampio ricorso alla CIG Covid-19 e a tutte le altre misure messe in campo per fronteggiare l’emergenza. A latere, dall’Indagine Congiunturale condotta da Confindustria Moda su un panel di aziende associate a SMI emerge come già nel corso del 2020 le tessiture laniere a campione abbiano registrato comunque una flessione degli addetti (es. risoluzioni consensuali, pensionamenti, mancati rinnovi tempo determinato, ecc.): per il gennaio-marzo si rileva un decremento stimato al -3,9%, seguito da contrazioni di simile portata sia nel secondo (-3,4%) sia nel terzo trimestre (-3,6%).

Guardando agli scambi con l’estero di tessuti “da” e “verso” l’Italia, nel 2020 emerge un preoccupante deterioramento: l’export dovrebbe cedere il -26,7% su base annua, l’import il -25,7%. Il complesso delle vendite estere passerebbe a poco più di 3 miliardi (ovvero 1,1 miliardi in meno del 2019), mentre le importazioni scenderebbero a quasi 1,4 miliardi.

A fronte del suddetto andamento del commercio con l’estero, l’attivo commerciale di comparto assisterebbe ad una riduzione di quasi 620 milioni di euro, portandosi sui 1.600 milioni. Il surplus della tessitura dovrebbe concorrere, comunque, al 25,0% circa del saldo commerciale della filiera Tessile-Moda nel suo complesso.

Relativamente alla domanda interna (approssimata nella variabile “consumo apparente”), spesso rappresentata dalle griffe del lusso, si registra una flessione oltremodo accentuata, stimata nell’ordine del -28,9%. Il “forzato” blocco dei consumi finali si è del resto ripercosso a ritroso lungo tutta la filiera.

Secondo le rilevazioni ISTAT inerenti la produzione fisica (cfr. Fig. 2), nel corso del 2020 la tessitura ortogonale è stata caratterizzata da dinamiche fortemente negative. Sebbene il comparto non assista a dinamiche positive dal terzo trimestre del 2018, l’entità delle flessioni accusate nel corso del 2020 si palesa in tutta la sua gravità ed eccezionalità.

Nel primo trimestre si rileva un calo tendenziale del -11,5%, nel periodo aprile-giugno la flessione si accentua al -38,5%, mentre da luglio e settembre contabilizza una variazione del -31,4%. Nel caso della tessitura a maglia, l’indice di produzione ISTAT fa registrare nel primo trimestre un -22,1%, seguito dal picco di minimo del -41,8% con cui si archivia il secondo trimestre. Nel periodo luglio-settembre, invece, la tessitura a maglia riesce a recuperare e contenere il calo su tassi più “abituali”, ovvero al -6,6% (al dato concorre peraltro la crescita tendenziale messa a segno in agosto).

Se si considera, invece, tutto l’arco dei nove mesi, l’attività produttiva si archivia una dinamica del -27,0% nel caso della tessitura ortogonale e un decremento del -24,9% nel caso della tessitura a maglia.

A completamento di tale quadro, i più recenti dati disponibili e relativi al periodo ottobre/novembre indicano una prosecuzione del trend negativo per i comparti in esame, tuttavia ancora a due cifre (-26,2% e -15,4% rispettivamente in ottobre e novembre) per la tessitura ortogonale, mentre entro il -10% per la tessitura a maglia (-8,1% e -9,8% rispettivamente in ottobre e novembre).

2. Il commercio con l’estero nei primi dieci mesi del 2020

Focalizzando l’analisi sugli scambi con l’estero che hanno interessato i tessuti a maglia e i soli tessuti ortogonali a prevalenza di fibra naturale (cfr. Fig. 3 Nota 1), si rileva che da gennaio ad ottobre 2020 le vendite oltreconfine accusano il contraccolpo dello scoppio della pandemia, raggiungendo un tasso di decremento senza precedenti pari al -28,5%.

L’export di periodo si porta, pertanto, a 2.065 milioni di euro, perdendo 824 milioni rispetto al gennaio-ottobre 2019; a confronto, lo scorso anno aveva perso quasi 140 milioni rispetto al gennaio-ottobre 2018. Anche a volume si assiste ad una flessione intensa ma di minor gravità rispetto a quella registrata a valore, ovvero pari al -16,4%.

Contestualmente l’import dall’estero sperimenta un arretramento nella misura del -24,4% a valore e del -15,5% in tonnellate.

Se si guarda alle macro-aree geografiche, sul fronte export, come indicato in Fig. 3, le aree intra-UE e quelle extra-UE presentano entrambe perdite accentuate, pur con qualche punto di differenza: le prime, con un’incidenza del 48,8%, cedono il -25,2%, le seconde (che assorbono il restante 51,2%) calano addirittura del -31,4%.

Relativamente all’import le due macro-aree presentano un’evoluzione su ritmi simili: la UE del -25,3%, l’extra-UE, da cui proviene ben il 70,7% dei tessuti provenienza estera, del -24,1%.

Al di là del dato medio per macro-area, è oltremodo interessante analizzare le dinamiche sperimentate dai singoli Paesi, principali partner commerciali delle aziende italiane di tessitura (cfr. Tab. 2); le prime 15 destinazioni si muovono tutte in territorio negativo, senza eccezione. Varia tuttavia l’intensità delle perdite accusate. Germania e Francia calano rispettivamente del -22,1% e del -21,9%; la Romania, invece, cala del -26,5%, mentre la Spagna cede il -19,5%.

TABELLA 2 – IL COMMERCIO ESTERO DI TESSUTI: ANALISI PER PAESE (Gennaio-Ottobre 2020)

Tra i primi partner si conferma la Cina, che tuttavia perde il -32,4%, mentre Hong Kong scivola dalla dodicesima alla quindicesima posizione, arretrando del -44,8%. Nonostante i suddetti andamenti, l’export complessivo a valore verso Cina e Hong Kong, pari a poco più di 180 milioni di euro (contro i 286 milioni raggiunti nel periodo gennaio-ottobre 2019) risulta inferiore solo a quello destinato in Germania e alla penisola iberica (Spagna e Portogallo raggiungono infatti 181,8 milioni nel periodo in esame). L’export verso Tunisia e Turchia mostra un decremento rispettivamente del -27,2% e del -30,6%.

Le performance peggiori, nella misura del -40% e oltre, colpiscono mercati strategici quali gli Stati Uniti, il Portogallo, nonché il Giappone e, come anticipato, anche Hong Kong.

Restando nell’ambito dei primi 15 mercati, variazioni di segno negativo delle esportazioni di tessuti caratterizzano anche Bulgaria (-32,6%), Regno Unito (-32,8%), Corea del Sud (-24,0%) e Polonia (-24,6%).

Passando all’analisi dei mercati di origine dei tessuti importati in Italia, caratterizzati da un’elevata concentrazione dal punto di vista geografico nell’universo extra-UE (70,7%), si conferma il ruolo dei primi due supplier ovvero Cina e Turchia. La prima, con un’incidenza del 24,1% sul totale importato di comparto, flette del -33,7%; la seconda, a quota 21,7%, cede invece il -14,2%, avvicinandosi dunque sempre più al valore dell’import di tessuti cinesi.

Con riferimento agli altri partner minori, tutti con quote inferiori all’8,5%, si rilevano delle contrazioni generalizzate: il Pakistan perde il -20,9%, la Repubblica Ceca il -27,0%, Germania e Ungheria entrambe oltre il -22,0%.

Come discusso più approfonditamente poco oltre, il risultato sui mercati internazionali che ha interessato la tessitura nel suo complesso, a differenza di condizioni “normali” di mercato, coinvolge tutte le tipologie di tessuto qui considerate, e solo quella a maglia presenta un minor intensità di caduta ma comunque di rilievo (Fig. 4).

FIGURA 4 – IL COMMERCIO ESTERO DI TESSUTI: ANALISI PER PAESE (Gennaio-ottobre 2020)

Passando, dunque, all’analisi per tipo di tessuto, nel periodo gennaio-ottobre 2020 le vendite oltreconfine di tessuti a maglia cedono il -15,8%, variazione questa che si qualifica come la meno grave per il settore. Per il tessuto di cotone e di lino si registrano flessioni, invece, nella misura rispettivamente del -28,6% e del -25,0%. Non di meno, il solo tessuto in pura seta crolla del -35,5% (con il serico in fibre chimiche invece in flessione del -25,2%).

In ambito laniero, i tessuti cardati calano all’estero del -25,8%, ma sono i pettinati ad evidenziare la flessione più drastica, perdendo il -43,1%.

Guardando all’import, da gennaio ad ottobre 2020 la situazione è speculare. Il tessuto a maglia d’importazione cala del -15,7%; l’import di tessuti cotonieri arretra del -25,2%, mentre il tessuto liniero arriva a perdere il -47,0%. Performance questa del lino non lontana da quella che si archivia per l’import di tessuti di pura seta, in decremento del -41,4%.

Infine, i tessuti lanieri cedono il -26,2% nel caso dei pettinati e il -22,9% nel caso dei cardati.

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Pubblicazione a cura di Confindustria Moda

La presente pubblicazione (in seguito Documento) è opera esclusiva ed originale di Confindustria Moda a favore della Federazione Tessile e Moda – SMI (per il tramite di Tessile & Moda Service – Soc. Unipersonale). Confindustria Moda è impegnata in numerose attività aventi ad oggetto la tutela e la promozione degli interessi di categoria delle imprese tessili-moda. Il presente Documento, realizzato per SI.TEX Spa, è destinato ad essere distribuito via posta, elettronica o ordinaria, e non può essere ridistribuito, riprodotto, pubblicato o alterato in alcuna delle sue parti da soggetti non espressamente autorizzati. Tutti i diritti di autore sono riservati. Il Documento ha finalità puramente informative e non rappresenta né un’offerta né una sollecitazione ad effettuare alcuna operazione. Le informazioni, le opinioni, le valutazioni e le previsioni contenute del Documento sono state ottenute o derivano da fonti che Confindustria Moda ritiene attendibili, ma che non costituiscono in alcun modo una forma di garanzia, sia implicita sia esplicita e di cui, pertanto, Confindustria Moda e la Federazione Tessile e Moda non si ritengono responsabili.


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