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Una guida pratica ai congedi di maternità, paternità e parentali

novembre 9 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Economia

La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e il ruolo centrale della genitorialità sono i principi alla base del decreto legislativo n. 80/2015 che, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge delega del 10 dicembre 2014, n. 183, pone mano alla revisione, in più parti, della normativa in materia di congedi di maternità, paternità e parentali.

Un provvedimento che a distanza di quattro anni dall’Intesa sulla Conciliazione, firmata dalle parti sociali il 7 marzo 2011, riporta al centro dell’agenda politica italiana un tema importante, per la generalità dei lavoratori, padri e madri, e all’attenzione del Legislatore comunitario da diversi anni.

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L’impianto complessivo è nella direzione da un lato, della maggiore flessibilità senza la riduzione delle tutele base, dall’altro dell’ampliamento delle tutele, che investono tanto le lavoratrici e i lavoratori subordinati quanto quelli autonomi. In questa ottica si pone la previsione della corresponsione automatica alle lavoratrici autonome dell’indennità di maternità, anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente.

È proprio il lavoro autonomo un aspetto non trascurato dalla novella legislativa, che interviene, modificandolo, sul titolo della rubrica del Capo XI del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, dedicato ora ai “Lavoratori autonomi” in quanto sono contenuti i diritti spettanti anche ai padri (lavoratori autonomi).

Emerge una logica differente che guarda alla genitorialità e vede importanti novità anche in materia di tutele dei genitori adottivi e affidatari, equiparati ai genitori naturali, con anche l’estensione del divieto di lavoro notturno per le madri nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il 12esimo di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, per il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.

L’interesse primario della tutela della prole e del nascituro e, in particolare, il rapporto madre-figlio, non solo dal punto di vista biologico ma anche relazionale e affettivo, ha condotto il Legislatore ad introdurre una norma con cui è previsto il rinvio e la sospensione del congedo di maternità post partum nel caso in cui il neonato sia ricoverato in una struttura pubblica o privata e la possibilità di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. Una previsione, quest’ultima, in linea con orientamento della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 116/2011, si era espressa sulla illegittimità costituzione dell’art. 16, lett. c) del d. lgs. n. 151/2001 nella parte in cui non consentiva, nelle fattispecie di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, alla madre lavoratrice di poter usufruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio a lei spettante, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.

Nei casi di parti fortemente prematuri, invece, avvenuti prima del tradizionale inizio del congedo obbligatorio e, quindi, in data antecedente a quella presunta, i giorni in più sono computati come aggiuntivi al periodo di congedo di maternità post partum, anche nei casi in cui la somma dei periodi (precedente e successivo la data del parto) superi il limite complessivo dei 5 mesi. L’obiettivo è evitare una disparità di trattamento nei confronti del nascituro avente diritto a ricevere cure costanti dalla madre.

Il fronte delle novità legislative interessa anche il congedo parentale, il cui limite è stato innalzato da 8 a 12 anni; l’introduzione di una disciplina suppletiva della fruizione del congedo in assenza di regolamentazione (collettiva), e che consente ai genitori di poter scegliere tra la fruizione oraria e quella giornaliera; il congedo per le donne vittime di violenza e inserite in percorsi di protezione certificati; i benefici per i datori di lavoro che ricorrono al telelavoro.

Anche il tema delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori è stato oggetto di intervento da parte del successivo decreto legislativo n. 151/2015, Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

All’indomani della modifica introdotta dalla Riforma Fornero, infatti, erano sorti diversi dubbi applicativi e dottrinali riguardo alla procedura e alla tempistica sull’invio della dichiarazione da apporre in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione. La novella, abrogando una parte della precedente disciplina, prevede ora, a pena di inefficacia, una procedura, con modalità esclusivamente telematiche, da attivare con appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

 


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