La moda maschile italiana nel 2020-21 (nota a cura del Centro Studi di Confindustria Moda per S.M.I.)
gennaio 12 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Economia, NewsIl bilancio preconsuntivo del 2020
In un annus horribilis come quello appena concluso, la moda maschile non è stata risparmiata dalla congiuntura negativa, così come la filiera Tessile-Moda nel suo complesso. Secondo le stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda sulla base delle indicazioni provenienti dalle indagini campionarie interne nonché sulla base dell’andamento congiunturale del quadro macroeconomico di riferimento, la moda maschile italiana (in un’accezione che comprende la confezione e la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) è attesa archiviare il 2020 con perdite senza precedenti, su cui gravano sia le flessioni dell’export sia il forte deterioramento dei consumi interni. Il fatturato dovrebbe subire una contrazione nell’ordine del -18,6%, portandosi a poco meno di 8,3 miliardi di euro e bruciando, così, quasi 2 miliardi in dodici mesi. Nel 2019 il segmento uomo, si ricordi, aveva concorso al 18,1% della filiera Tessile-Moda italiana e al 28,0% del solo abbigliamento.
Con riferimento ai singoli micro-comparti qui esaminati, nel 2020 risultano tutti interessati da un’evoluzione negativa nell’intorno della media settoriale, anche se la dinamica accusata dal settore cravatte presenta particolare gravità.
Nel 2020 il valore della produzione (si ricorda che tale variabile si propone di stimare il valore dell’attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati), assiste altresì ad una variazione di segno negativo nella misura del -18,9% rispetto al 2019.
Il trend espansivo delle vendite estere che aveva costantemente caratterizzato la moda uomo dal 2010 viene bruscamente interrotto, a seguito dello scoppio della pandemia in Cina, poi in Europa e nel resto del Mondo. Per l’export si stima una variazione su base annua pari al -16,7%; il livello complessivo delle vendite estere passerebbe, dunque, a circa 5,9 miliardi di euro. L’incidenza dell’export sul fatturato totale del comparto risulterebbe, pertanto, pari al 70,8%.
Anche nel caso dell’import si profila una decrescita altrettanto rilevante, stimata al -17,9% nei dodici mesi; l’ammontare totale delle importazioni settoriali scenderebbe così sui 3,8 miliardi.
Visto il suddetto andamento degli scambi con l’estero, per l’attivo commerciale settoriale si prevede una riduzione (stimata in 345 milioni in meno rispetto al consuntivo 2019); il surplus dovrebbe scendere, infatti, a poco più di 2 miliardi nell’intero anno.
Il commercio con l’estero nei primi nove mesi del 2020
Un quadro maggiormente dettagliato relativamente alle performance della moda uomo sui mercati internazionali si ottiene dall’analisi dell’interscambio con l’estero nei primi nove mesi del 2020. In tale periodo, sulla base dei dati ISTAT ad oggi disponibili, sia le vendite estere sia le importazioni hanno accusato dinamiche negative.
Dopo un primo trimestre con export in calo del -6,0% e import del -7,4%, nel cumulato a sei mesi la flessione delle vendite estere arriva a -25,3%, quella delle importazioni al -22,4%.
Segue una boccata d’ossigeno nel periodo estivo: da luglio a settembre il calo delle esportazioni fa registrare un -3,8%, mentre le importazioni flettono del -14,6%.
Più in dettaglio, nei nove mesi del 2020, pertanto, la moda uomo cede oltreconfine il -17,3%, passando a quota 4,6 miliardi (circa un miliardo in meno rispetto al gennaio-settembre 2019) mentre l’import di comparto perde il -19,4%, scendendo a 3,5 miliardi.
Nel periodo in esame il saldo commerciale risulta pari a poco più di 1,1 miliardi di euro, mostrando, dunque, una perdita di 129 milioni rispetto al dato dei primi nove mesi del 2019.
Sotto il profilo geografico, si rileva un generalizzato scenario negativo: la UE cede il -14,5% in termini di export, il -18,2% in termini di import; le piazze extra-UE presentano cedimenti ancora più intensi: -19,2% nel caso dell’export, -20,1% nel caso dell’import.
Similmente, anche guardando ai singoli partner di sbocco o di approvvigionamento, non si rilevano eccezioni alla congiuntura negativa che ha colpito anche la moda maschile, se non per le vendite in Corea.
Circa le principali destinazioni, focalizzandosi sui top 20, i primi due mercati ovvero Svizzera (in primis hub logistico per molti operatori del settore moda-lusso) e Germania contengono la flessione rispettivamente al -6,2% e al -9,2%; la Svizzera assorbe, pertanto, l’11,7% della moda maschile esportata. Al di là del -12,8% registrato per la Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Spagna raggiungono tassi di decremento superiori al -20%.
Con riferimento al Far East, l’export di moda uomo in Giappone arretra del -10,4%, in Cina del -17,2% ma è soprattutto Hong Kong a mostrare la performance peggiore (-31,2%); di contro, unico dato positivo, le vendite di settore destinate in Corea del Sud crescono di un timido +1,9%, per un totale di 147 milioni. L’ultimo gruppo di partner per valore di export qui in esame conferma la contrazione delle vendite dall’Italia, comprese tra -10,8% del Belgio e il -22,2% dell’Austria.
Relativamente ai mercati di approvvigionamento, la Cina si conferma il top supplier di comparto con un’incidenza del 16,2%, nonostante accusi una flessione del -21,0% su base annua. Il Bangladesh, passato in seconda posizione, cede il -19,9%. La Francia, terzo fornitore, mostra la miglior dinamica tra quelle evidenziate dai primi 20 mercati, cedendo il -10,7%. Romania, Spagna e Tunisia cedono rispettivamente il -19,1%, il -18,0% e il -22,3%. Non di meno tutti gli altri supplier, come evidenziato in Tabella, risultano interessati da cedimenti non marginali.
Se si guarda alle performance per linea di prodotto, da gennaio a settembre 2020, si riscontra una contrazione generalizzata sia lato export sia lato import. Relativamente alle vendite oltreconfine, la confezione cede il -18,2%, la maglieria il -14,0%. Mentre camiceria e abbigliamento in pelle arretrano rispettivamente del -21,5% e del -18,5%, le cravatte calano quasi del -40%.
Nel caso delle forniture provenienti dall’estero, le importazioni di confezione e maglieria arretrano mediamente del -18,5%, camiceria e abbigliamento in pelle raggiungono entrambe un calo del -26,0% circa, le cravatte, infine, perdono il -36,2%.
Consumi e distribuzione in Italia
Passando all’analisi delle dinamiche che hanno caratterizzato il consumo sul mercato nazionale, come noto, condizionato non solo dai diversi lockdown che hanno riguardato direttamente le attività commerciali, ma anche dalla modifica dello stile di vita della popolazione volto al contenimento della pandemia, la spesa destinata alla moda maschile nell’anno solare 2020 è attesa calare del -22,3%. Nel primo semestre le perdite hanno raggiunto addirittura il -37,5%, per poi rallentare progressivamente la caduta a partire dal luglio-agosto.
Con riferimento all’Autunno/Inverno, gli ultimi dati consuntivi disponibili ad oggi riguardano la stagione 2019-20, ovvero i mesi immediatamente precedenti allo scoppio della pandemia in Italia. Secondo quanto rilevato da Sita Ricerca per conto di SMI, il Tessile-Abbigliamento nel suo complesso era stato ancora caratterizzato da un trend negativo a valore (-2,6%), nonché a volume (-1,3%), in linea con il più recente passato. Focalizzandosi sulla moda maschile, come indicato in Fig. 2.1, nel complesso il comparto aveva accusato una flessione pari al -3,5% in
decelerazione, dunque, rispetto alla precedente stagione Autunno/Inverno (chiusasi, invece, a -5,3%).
Se si guarda alle singole merceologie, la confezione (che copre il 54,9% del sell-out settoriale) ma soprattutto l’abbigliamento in pelle e le cravatte presentano decrementi peggiori rispetto alla media di comparto: il primo chiude a -4,2%, gli altri due rispettivamente a -6,8% e -9,2%. Il sell-out di maglieria esterna (che copre il 26,6% del mercato) contiene, invece, la flessione al -2,0%, mentre quello di camiceria chiude al -2,9%. Dall’analisi delle dinamiche relative ai volumi emerge un quadro poco brillante, anche se meno sfavorevole rispetto a quanto visto a valore. Ad esempio, si rileva che i volumi venduti di maglieria maschile frenano al -0,9%, mentre la confezione in pelle registra una variazione del -1,6%, ben più contenuta, dunque, rispetto alla dinamica evidenziata a valore. L’abbigliamento assiste ad un decremento nella misura del -3,6% rispetto ai volumi della precedente A/I. Maggiori difficoltà vengono riscontrate per la camiceria, che cede il -4,3%, mentre le cravatte perdono in quantità il -5,2%.
Relativamente alla distribuzione, come illustrato nella Fig. 2.3, si trova conferma di una situazione che si va delineando ormai da diverse stagioni. Sono sempre due i format interessati da dinamiche di segno positivo, ovvero catene/franchising ed e-commerce. Le catene, raggiunta una quota pari al 42,8% del mercato a valore, mostrano un aumento del +5,3%; il canale digitale segna, invece, una crescita del +24,5% e raggiunge un’incidenza pari all’8,7% del totale. Al contrario, il resto degli operatori si muove in territorio negativo. Il dettaglio indipendente, sceso a quota 23,9% del mercato, resta interessato da un trend cedente, sperimentando una flessione superiore al -10% (-12,6%). Similmente, il sell-out intermediato in ambito GDO cede nel complesso il -13,7%; su tale performance grava, tuttavia, il pesante calo del food (-18,4%), mentre Grandi Superfici e Grandi Magazzini risultano in calo rispettivamente del -3,5% e del -5,3%.
Stante l’attuale situazione di emergenza sanitaria ancora diffusa in vaste aree del Mondo, si prevede un 2021 ancora tutto in salita per la moda maschile, che potrà comunque giovarsi del favore dei mercati asiatici per ripartire.
Nota a cura del Centro Studi di Confindustria Moda per
Pubblicazione a cura di Confindustria Moda
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