Salvaguardiamo il fine: sostenere le PMI sui mercati esteri
luglio 11 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Economia, NewsDeciso no da parte dall’Associazione dei costruttori italiani di macchine tessili alla ulteriore burocratizzazione del sostegno pubblico all’internazionalizzazione. Sandro Salmoiraghi, Presidente di ACIMIT, ne spiega le ragioni e propone di trasformare l’ICE in un’agenzia per l’internazionalizzazione.
In ACIMIT, l’Associazione dei Costruttori Italiani di Macchinario per l’Industria Tessile, il trasferimento delle competenze dell’ICE (Istituto per il Commercio Estero) al Ministero degli Affari Esteri suscita alcune perplessità. “Come imprenditore e come presidente di un’associazione che rappresenta un settore fortemente internazionalizzato (l’80% di quanto prodotto dalle nostre aziende è venduto all’estero) - spiega Salmoiraghi - ho incontrato spesso nelle missioni all’estero sia il personale dalle ambasciate, che quello dell’ICE”.
“Si tratta di approcci diversi, il Ministero e le sue articolazioni, operano per promuovere il Paese, rimuovere ostacoli che hanno natura politica/giuridica alle nostre esportazioni e ai nostri investimenti, incidere su normative, talvolta anche vessatorie, del paese estero” continua Salmoiraghi. “Per quanto riguarda l’ICE, la sua funzione è quella di affiancare e sostenere l’attività di penetrazione e radicamento, soprattutto delle PMI italiane, sui mercati esteri. Un’attività dove la conoscenza dei settori produttivi è fondamentale e infatti l’ICE è organizzata in tal senso. Due ruoli entrambi importanti, ma ben diversi”.
La scelta del Governo può avere successo solo se ICE verrà trasformata in un’agenzia per l’internazionalizzazione e se verranno riviste le modalità di sostegno all’internazionalizzazione fornito alle PMI italiane. Per questo ACIMIT ritiene necessario:
un unico organismo che a livello nazionale, in raccordo con le diverse rappresentanze settoriali, elabori strategie di presenza sui mercati acquisiti e prospettici. E’ evidente la necessità di un’adeguata dotazione di fondi ed un’autonoma capacità di spesa;
una semplificazione delle procedure interne, pur nel mantenimento di un rigoroso controllo, per rendere più breve il tempo intercorrente tra l’ideazione e la realizzazione delle iniziative, oppure per modificare in corso d’opera la tipologia di iniziativa o il mercato di riferimento;
una programmazione e gestione su base almeno triennale delle strategie di intervento e delle relative iniziative.
A pensarla come ACIMIT sul futuro dell’ICE non sono solamente le aziende del settore. “Ricordo - prosegue Salmoiraghi, che un’indagine realizzata dalla Fondazione Edison, presieduta dal professor Fortis, nel giugno 2009, dice testualmente che: “Le imprese non auspicano in alcun modo la soppressione di questo servizio pubblico ma semmai il suo potenziamento valorizzando ciò che di buono c’è e funziona nell’ICE. Per le associazioni intervistate l’assistenza alle imprese e la promozione devono essere la “mission” dell’ICE. A tal fine si ritiene che vada aumentata anche la dotazione di fondi.”
In questa direzione si sono espresse anche le imprese convenute alle ultime Assise di Bergamo convocate da Confindustria: il 98% degli imprenditori ha votato la privatizzazione dell’ICE, al fine di renderlo più agile ed efficiente, non per la sua soppressione, ritenendolo un istituto utile alla promozione del Made in Italy nel mondo.
La proposta di ACIMIT è chiara: occorre trovare una soluzione più praticabile e che non penalizzi le PMI italiane. L’obiettivo deve essere dunque quello di trasformare l’ICE in un’agenzia per l’internazionalizzazione che abbia:
-dotazione di fondi;
-autonomia operativa;
-coordinamento di tutta l’attività promozionale sostenuta finanziariamente dal Governo direttamente e/o indirettamente.
“Che poi l’Istituto dipenda da un Ministero o da un altro, poco importa. – conclude il presidente di ACIMIT. E’ l’autonomia che va garantita, salvaguardando le professionalità che ci sono nell’Istituto per il Commercio Estero e l’interesse delle nostre imprese”.