Moda, Tessile, Abbigliamento

Alberto Paccanelli (Euratex): “Il libero scambio USA-UE bloccato sulle norme relative all’origine”

novembre 14 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

L’Europa e gli Stati Uniti stanno attualmente negoziando un possibile accordo di libero scambio transatlantico. La Confederazione Europea delle Industrie Tessili, Euratex, sta prendendo parte a queste difficili trattative. A Budapest per il congresso della Confederazione Europea del Lino e della Canapa, una delle organizzazioni fondatrici di Euratex, il suo presidente Alberto Paccanelli indica i punti critici e le questioni più spinose del negoziato, e la sua visione del tessile-abbigliamento americano, e afferma che è necessaria l’implementazione di una filiera euro-mediterranea.

Che cosa avete ottenuto dai negoziati su questo accordo?

Alberto Paccanelli: Si tratta di un argomento di primaria importanza per Euratex. Le trattative sono più lunghe del previsto. Sono complicate. Ma le agende politiche sono piene, e le due parti vogliono concludere presto, il che è positivo. Noi vogliamo un mercato più sviluppato, in cui UE e Stati Uniti camminino insieme. Un passo importante per l’economia mondiale. Gli americani vogliono una sezione separata riguardante il tessile, contrariamente agli europei. Ma stiamo facendo un ottimo lavoro con i nostri omologhi americani del settore tessile.

Qual è la principale difficoltà incontrata?

AP: Il libero scambio USA-UE è bloccato sulle regole di origine, perché gli americani vogliono basarsi su una triplice trasformazione locale della produzione, soprattutto per proteggere la loro crescente attività nella filatura, quando invece gli europei vorrebbero rimanere sulla doppia trasformazione, perché basata su un sourcing più globale. E’ una questione di primaria importanza. Se prevalesse la regola europea, l’accordo sarebbe un successo e offrirebbe un forte potenziale. Altrimenti, il tutto potrebbe non portare benefici al comparto tessile europeo.

Con quale tempistica pensa che si raggiungerà l’accordo?

AP: Dipenderà dall’agenda. Speriamo di arrivare a una conclusione alla fine del 2015. Penso che sia fattibile. Ma dipenderà dalla forza della nuova Commissione Europea e dalla sua volontà di concludere. Ma la previsione dipende anche dal team di Obama, che vuole avere qualcosa da presentare quando arriverà il tempo delle elezioni. Non so quale sarà l’impatto della recente vittoria parlamentare dei Repubblicani.

Qual è la sua opinione sull’industria tessile statunitense?

AP: Gli Stati Uniti sono tornati ad essere un Paese competitivo dal punto di vista manifatturiero. In ragione della loro produzione di gas e della loro indipendenza energetica, l’energia vi costa un terzo di quanto paga per esempio l’Italia. Il costo del lavoro gioca anch’esso un ruolo importante, con la possibilità di pagare dieci dollari l’ora quando la stessa cifra è piuttosto il doppio mediamente in Europa. Penso che questo attirerà molti investitori manifatturieri nei prossimi anni. E dunque, noi dobbiamo essere ancora più prudenti in queste negoziazioni per il libero scambio.

FM: Gli USA si rallegrano delle tante aziende che tornano a produrre in casa propria nell’abbigliamento. Uno scenario simile è possibile in Europa?

AP: Se abbiamo degli uomini politici intelligenti, è possibile. I nostri costi di produzione non sono così competitivi come dovrebbero. In Europa si può vedere un approccio molto burocratico, con tassazioni sull’energia e anche sul lavoro. Questo limita la rilocalizzazione. Tuttavia, se saremo in grado di risolvere questo problema, potremo riportare a casa almeno parte della produzione.

Rafforzare i legami Europa-Turchia può aiutare questo processo?

AP: Da un punto di vista strategico, vedo la Turchia entrare in Europa. Questo sarebbe importante per costruire quello che io chiamo un approccio pan-europeo, che comprenda anche il Nordafrica. In Europa, possiamo offrire numerosi servizi, ma ci manca una catena del valore integrata nell’area, che permetterebbe di fare concorrenza all’India e alla Cina. Il processo è stato lanciato due anni fa. Ora è il momento delle consultazioni da parte dei vari Paesi dell’Unione sull’argomento.


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