Biella: meno imprese e abitanti (-7,8%) e più export (+6,6%)
luglio 22 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, NewsPresentato l’annuario “Economia Biellese 2015”: meno imprese e abitanti (-7,8%)
E’ l’export il vero driver dell’economia biellese, cresciuto, nell’anno scorso, del +6,6%. Il Biellese, nel 2015, ha esportato prodotti made in Biella per 1 miliardo e 692 milioni (+4,9% verso l’Ue a 28 e +8,9% verso l’extra Ue). Per il 62,5%, l’export biellese ha riguardato prodotti tessili, le cui vendite all’estero sono complessivamente cresciute del +3,9%, trainati dai tessuti (+7,4%) e dai filati (+2%). A correre (+17,3%) sono poi state le vendite estere di macchinari e apparecchi tessili. Sono dati che arrivano dall’annuario statistico “Economia Biellese 2015”, presentato a Palazzo Gromo Losa. Un report a 360 gradi, frutto della sinergia di Camera Commercio Biella-Vercelli e di Uib, da cui emerge però anche una provincia di Biella in flessione demografica: la popolazione si è ridotta, su base tendenziale, del 7,8%, portandosi a quota179.685 unità (a Vercelli, il calo è stato del -6,9%). Biella, nel 2015, appare non solo meno popolata, ma anche più anziana: l’indice di vecchiaia registrato è stato, infatti, pari a 244,8, superiore al 225,4 di Vercelli, ma anche al 193,7 piemontese. A caratterizzare poi il Biellese 2015 è anche una popolazione ancora troppo poco internazionalizzata: a Biella, gli stranieri residenti sono solo il 5,5%; a Vercelli sono il 7,9%. In entrambi i casi, comunque, ben al di sotto del 9,6% della media piemontese. Notizie meno funeste paiono invece giungere dal capitolo occupazione. È vero che, nel 2015, i 73 mila occupati biellesi rappresentano una flessione -2,1% rispetto al 2014 (per effetto probabilmente di pensionamenti e trasferimenti fuori provincia), ma, a conti fatti, il tasso di disoccupazione biellese (probabilmente per effetto a breve dei provvedimenti del Jobs Act) è comunque migliorato, scendendo dal 10,4 del 2014 al 9,3% dell’anno scorso. Di questi 73 mila occupati, il 25,4% risultava impiegato nell’industria in senso stretto, mentre, per il 45,4%, nel settore “Altri servizi». A Vercelli, gli occupati 2015 sono stati invece 71 mila (+1,6% tendenziale). A restare fragile è tuttavia il tessuto imprenditoriale locale in se stesso. «Purtroppo – hanno notato le ricercatrici di Unioncamere Piemonte, Sarah Bovini e Elena Porta, durante la conferenza di presentazione a Palazzo Gromo Losa – si è assistito ad un’erosione del numero delle imprese: oggi, a Biella sono 18.600 circa, contro le 20.800 di dieci anni fa. Nel decennio, la flessione è stata più contenuta a Vercelli che ha visto passare le proprie imprese da 17.700 del 2005 a 16.600 circa del 2015». Negativo, insomma, resta pertanto, nel 2015, il tasso di crescita delle imprese biellesi (-0,8%) e vercellesi (-0,5%). E se si guarda dentro al totale delle imprese del made in Biella 2015, si scopre che esse appartengono per il 22,6% al Commercio, per il 28,5% agli “Altri servizi” e solo per il 13,1% all’industria in senso stretto. La fragilità del tessuto imprenditoriale locale è poi confermata anche dall’indice di sopravvivenza delle imprese a 3 anni: nel 2005, l’indice biellese era pari 69,5; nel 2015, esso è sceso a 60,4 (a livello più basso di quello piemontese pari a 62,2). Il sistema imprenditoriale biellese, nel 2015, si è rivelato poi sotto media piemontese anche in relazione alla percentuale di imprese femminili (20,4% vs 22,3% piemontese) e giovanili (7,9% vs 9,8% piemontese) sul totale delle imprese registrate. Biella e Vercelli, insieme, hanno comunque prodotto, nel 2015, il 7,3% del valore aggiunto regionale (Biella, 4 miliardi di euro con incremento del +0,8% tendenziale). Meno incoraggiante, invece, il dato del valore aggiunto pro capite 2015: 22.286 euro a Biella e 23.670 euro a Vercelli, entrambi inferiori a quello medio regionale (25.359 euro). Per quanto attiene la congiuntura industriale, il valore della produzione manifatturiera biellese è rimasto complessivamente stabile. Ad incrementare i livelli produttivi nel Biellese, durante l’anno scorso, sono state soprattutto le tessiture (+6,8%) e i finissaggi (+3,2%), mentre è calato l’output delle filature (-2,2%). Buona, anche la performance delle aziende metalmeccaniche (+3,4%). Ciò che, piuttosto, appare come elemento caratterizzante della realtà economica biellese è, come si diceva, proprio la sua crescente apertura ai mercati internazionali: confermando una propensione alle esportazioni del 42% ed un grado di apertura dei mercati del 72,1% (superiori, vale a dire, alle media piemontese rispettivamente del 40,8% e del 67,3). Proprio all’internazionalizzazione e al valore del made in Italy ha dedicato, in conferenza stampa, il suo intervento Marinella Loddo, direttore dell’Ufficio Ice di Milano. «L’estero non è un panorama indifferenziato – ha detto, fra l’altro, Marinella Loddo -: per questo, occorre che un’impresa conosca bene i mercati dove vuol inserirsi: l’attività di Ice supporta le imprese in questo senso. Esistono grandi opportunità per le aziende che operano in settori come il tessile: basta ampliare le prospettive attraverso l’innovazione verso i mercati più dinamici e aprirsi a nuove forme di collaborazione internazionale». Una visione ribadita anche da Emanuele Scribanti, vicepresidente Uib con delega a Economia e Fisco, il quale ha chiuso i lavori del convegno. «L’export, anche nella fase di delicata ripresa del 2015 e degli inizi del 2016, si conferma il volano della risalita dell’economia biellese – ha detto Scribanti – . È quindi sull’internazionalizzazione che dobbiamo puntare perché tali segnali positivi possano consolidarsi, tenendo conto di uno scenario internazionale sempre più complesso. Mi riferisco, in particolare, all’incertezza legata alle conseguenze della Brexit, ma anche al rischio di una mancata ratifica del Ttip».