Moda, Tessile, Abbigliamento

Bilanci aziende pratesi: cresce solo il meccanotessile

febbraio 11 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News, Prato

Bilanci delle industrie nel 2017, le analisi di Confindustria Toscana Nord: raddoppia il tasso di crescita del valore della produzione, ma il valore aggiunto segna il passo

L’appuntamento annuale con il rapporto sui bilanci del Centro studi di Confindustria Toscana Nord evidenzia per il 2017, ultimo anno per il quale i bilanci aziendali sono disponibili, una situazione sensibilmente diversa da quella registrata per il 2016.

Nei bilanci del 2017 il tasso di crescita del valore della produzione operativa delle società di capitali manifatturiere dell’area Lucca-Pistoia-Prato è infatti raddoppiato rispetto all’anno precedente (+2,6% dopo + 1,3%), ma il valore aggiunto è cresciuto poco (+0,8%), dopo essere aumentato in modo brillante nel 2016 (+6,7%).

“La crescita limitata del valore aggiunto è stata la conseguenza, principalmente, di un’evoluzione dei prezzi e dei costi non favorevole. – spiega il presidente di Confindustria Toscana Nord Giulio Grossi - Nel 2017 la crescita dei costi, soprattutto esterni, è stata superiore rispetto alla crescita dei ricavi, una situazione questa diametralmente opposta rispetto al 2016. Praticamente tutti i principali settori presenti sul territorio della nostra associazione hanno vissuto questo problema, per voci di costo trasversali come l’energia elettrica e il gas metano e molto spesso anche per problemi specifici legati a determinati materiali e sostanze necessari alla produzione. E’ emblematico il caso del cartario di Lucca alle prese con un ingentissimo incremento del costo della cellulosa, che si avvertiva già nel 2017 e ha continuato a correre aggravandosi nel corso del 2018; ugualmente pesante la situazione per il tessile di Prato, con la crescita dei costi di fibre tessili e prodotti chimici. Su alcuni di questi fattori le aziende possono intervenire poco o niente: parliamo di dinamiche dei mercati internazionali ben poco controllabili. Quando però vediamo che in Italia i costi energetici sono da anni e anni il 30% in più rispetto ai nostri concorrenti europei viene da porsi delle domande sulle politiche industriali di questo paese, o meglio sulla loro assenza. Su problemi di questa portata facciamo il possibile, ad esempio attraverso i consorzi e gruppi di acquisto di energia elettrica e metano, ma di certo non possiamo azzerare questo gap. Affrontiamo con apprensione questo 2019 che Confindustria ha ragione a ritenere difficile. Proprio perché esistono fattori incontrollabili che possono danneggiare il manifatturiero di questo paese, vale a dire il settore che tiene in piedi l’Italia, bisognerebbe fare tutto quanto il possibile per ottimizzare almeno quanto dipende invece dalle politiche nazionali. Non è così, e lo diciamo con grande rammarico da imprenditori e da italiani che amano la loro nazione. Se in un territorio ad alta vocazione manifatturiera come il nostro la produzione cresce ma il valore aggiunto ristagna, e ristagna per questi motivi, occorre che chi di dovere si ponga delle domande.”

Sul versante dei costi interni, la crescita della spesa per il personale è proseguita con un tasso di incremento paragonabile a quello dell’anno precedente. Come conseguenza, l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto è di nuovo leggermente aumentata. Il Clup-Costo del lavoro per unità di prodotto resta, nei bilanci esaminati, su un livello superiore per circa 6 punti percentuali rispetto al periodo pre-crisi. Il margine operativo lordo si è quindi ridotto del -3,9%.

La redditività del capitale investito (ROE: 8,3%; + 0,8 punti in più rispetto al 2016) è aumentata, anche grazie alla discesa dell’incidenza delle imposte sul fatturato e al contenimento degli oneri finanziari, quest’ultimo reso possibile dal livello basso dei tassi di interesse di mercato, e anche grazie alle scelte delle aziende che hanno aumentato l’incidenza dei mezzi propri sul totale delle fonti di finanziamento (mezzi propri su totale finanziamenti: 37,5%; +0,4 punti rispetto al 2016).

“Nonostante tutto, quindi, nel 2017 le imprese hanno continuato a credere in se stesse e non hanno esitato a investire impiegando anche i propri mezzi – aggiunge Grossi -. Lo hanno fatto perché lo hanno voluto ma anche perché misure fiscali come l’ACE-Aiuto alla crescita economica hanno contribuito in modo positivo alla capitalizzazione delle imprese. E sempre all’ACE, almeno in parte, si deve per motivi indiretti anche il mantenimento dei livelli di occupazione, visto che questo strumento offriva una certa compensazione fiscale rispetto all’incidenza aumentata del costo del personale. Da quest’anno l’ACE non ci sarà più, ed è un errore averla cancellata.”

Il Capex, indicatore dell’importo della spesa per investimenti fissi, ha subito nel 2017 solo un lieve incremento, +0,5%, dopo +6% fra il 2015 ed il 2016. Nella maggior parte dei settori, tuttavia, il valore mediano è rimasto ampiamente in crescita nell’orizzonte significativo degli ultimi 5 anni. Il rallentamento del Capex è dovuto certamente alla frenata del margine operativo ma, probabilmente, anche al fatto che negli anni, avvalendosi di varie misure come Impresa4.0 e Nuova Sabatini, le imprese nel 2017 avevano già realizzato un significativo rinnovamento degli impianti.

Il Centro Studi di Confindustria Toscana Nord ha riclassificato ed elaborato conti economici e stati patrimoniali delle società di capitali manifatturiere in attività che hanno depositato il bilancio in ciascuno degli ultimi 5 anni. Si tratta di circa 2.545 società di capitali che svolgono attività nell’area Lucca-Pistoia-Prato, con un’estensione, per il solo settore tessile, ai comuni fiorentini di Campi Bisenzio e Calenzano (aree che, al di là dei confini amministrativi, sono parte integrante del distretto tessile pratese). Le aziende analizzate, che in quanto società di capitali sono aziende più strutturate della media, producono poco meno del 70% della produzione manifatturiera totale dell’area.

Prato

A Prato i ricavi 2017 del manifatturiero hanno confermato in aggregato il livello dell’anno precedente (+0,0%) ma le attività tipicamente distrettuali non hanno avuto una evoluzione positiva sul piano dei volumi di fatturato, a parte l’ottimo avanzamento del meccanotessile (+11,9%) che ha trascinato con sé il resto del settore meccanico (+7,8%). I ricavi del tessile hanno registrato una contrazione (-1,4%) rispetto al 2016, condizionati dalle tendenze moda che hanno penalizzato il settore dei filati dopo anni di crescita (-2,4%); anche i tessuti per abbigliamento sono stati costretti a un arretramento (-2,6%) che, invece, i produttori di tessuti speciali e per arredamento sono riusciti a limitare al minimo (-0,1%). Anche i ricavi dell’abbigliamento (confezioni, maglieria, accessori) hanno registrato una contrazione rispetto all’anno precedente (-4,3%): va precisato comunque che nell’area la maggioranza delle imprese di questo settore non ha la forma giuridica di società di capitali con il connesso obbligo della pubblicazione del bilancio. Buone  (+5,4%) le prestazioni complessive dei ricavi delle imprese, non numerose ma rilevanti, di settori diversi da tessile-abbigliamento e meccanica (plastica, chimica, legno/mobili, materassi).

“Il MOL-margine operativo lordo del tessile del distretto è stato nel 2017 in leggera contrazione, passando dal 6,6% al 6,4% in conseguenza dell’andamento dei ricavi. Da sottolineare comunque un lieve miglioramento per l’aggregato del conto terzi, che resta tuttavia su livelli storicamente ancora molto bassi e non tali da segnalare una uscita dalle difficoltà che hanno segnato la filiera in questi ultimi anni – commenta il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Andrea Tempestini – La contrazione del MOL si fa più significativa per l’abbigliamento, andando dall’8% al 5,3%, mentre si consolida ulteriormente il progresso per il meccanotessile, che passa dal 7% all’8,7%. Per quanto riguarda la redditività netta, comprensiva sia dell’area operativa che degli altri aspetti della gestione aziendale, il tessile del distretto pratese fissa il ROE 2017 al 7,3%, in netta riduzione rispetto al 9,5% del 2016. Si collocano poco più su della media (7,9%, contro l’11,2% del 2016) i produttori finali, cioè i produttori di tessuti e di filati, mentre anche qui le aziende conto terzi danno segnali di miglioramento su una situazione comunque piuttosto fragile, con un 5,6% nel 2017 contro il 4% del 2016. Brillanti invece le prestazioni del meccanotessile, con un +20% nel 2017 dopo un già buono 16,9% del 2016. In definita il 2017 è stato un anno interlocutorio per il tessile pratese, avendo segnato una battuta d’arresto nel percorso di ripresa che tuttavia – ma occorrerà certificarlo con la prossima indagine – sembra essere stato recuperato nel 2018.”

Pistoia

Pistoia si distingue per la crescita dei ricavi aggregati (+3,4% rispetto a +2,2% per la media dell’area ), ma anche per la lieve riduzione del valore aggiunto (-0,8%). Nell’orizzonte degli ultimi due anni disponibili, tuttavia, il tasso di incremento medio del valore aggiunto è stato positivo: +2,0%. I bilanci delle aziende pistoiesi mostrano la crescita più elevata dell’area sotto il profilo dell’incidenza dei mezzi propri rispetto alle fonti di finanziamento (+0,5 punti di incidenza in più per l’aggregato nel 2017 rispetto al 2016), crescita che è visibile in modo particolare nei settori della carta e cartotecnica e nel metalmeccanico. La crescita dei ricavi è stata trainata dal settore delle calzature e cuoio (+10,5% fra il 2016 ed il 2017) e, più in generale, tutti i settori del comparto moda (tessile, abbigliamento, cuoio e calzature) hanno contribuito in positivo alla crescita del valore aggiunto (rispettivamente: +1,7%, +10,1%, +17,5%), insieme al settore della chimica e plastica (+1,4%). I settori della moda registrano anche una certa crescita della marginalità delle vendite nell’ultimo anno, in ogni caso inferiore al punto percentuale, che nella media dei settori manifatturieri pistoiesi è invece rimasta ferma fra il 2016 ed il 2107. Gli altri settori manifatturieri hanno messo in evidenza una dinamica negativa del valore aggiunto fra il 2016 ed il 2017, a causa di una crescita dei costi esterni più che proporzionale rispetto ai ricavi. Casi di crescita particolare per l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto sono rappresentati dal settore alimentare (+2,3 punti fra il 2017 ed il 2016) e la carta-cartotecnica (+2,1 punti). L’incidenza del costo del lavoro nel settore metalmeccanico registra una lieve crescita nell’ultimo anno (+0,7%), ma resta in diminuzione lungo un orizzonte significativo di cinque anni (-0,4 punti).

“Occorre evidenziare – afferma Daniele Matteini – che i fattori che stanno dietro all’evoluzione sfavorevole, in alcuni comparti, sembrano comunque transitori; e sono compensati dal segno positivo che i settori della moda e della chimica e plastica esprimono anche nel 2017. Inoltre il tasso di crescita medio del valore aggiunto negli ultimi due anni (+2,0 per l’intero settore manifatturiero) è positivo per quasi tutti i settori. Si tratta ovviamente di una situazione da tenere sotto controllo, ma siamo convinti che anche a Pistoia esista un nucleo di aziende ben strutturate, in grado di affrontare con successo le sfide di un contesto competitivo non semplice come quello attuale”.

Scarica qui le slides: SlideBilanci2017


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