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Cedolare secca: i calcoli per la convenienza

maggio 2 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Economia

Per valutare la convenienza reale della cedolare, che si applica sul 100% del canone incassato, l’elenco delle variabili in campo è il seguente:

  • tipologia contrattuale;
  • aliquota marginale;
  • presenza o meno di altri redditi;
  • diritto a detrazioni d’imposta;
  • aliquote delle addizionali regionali e comunali.

La tipologia contrattuale è al primo posto, dal momento che caratteristica della cedolare è l’applicazione dell’aliquota sull’intero importo dell’affitto, ossia sul 100% del canone incassato.

Nei contratti liberi, ossia quelli per i quali il canone è determinato contrattualmente tra le parti, ai fini Irpef, il canone da dichiarare sconta la sola deduzione forfettaria del 5%.

Nel caso dei contratti a canone concordato, invece, a questa deduzione se ne aggiunge un’altra pari al 30%, così che complessivamente il canone da dichiarare è parai al 66,5%.

Considerando la diversa base imponibile è possibile, quindi, calcolare qual è l’aliquota marginale “reale” che pesa sul canone da locazione quando non viene effettuata l’opzione per la cedolare. Nella tabella che segue, l’aliquota è così determinata senza considerare il valore delle addizionali. Il peso delle addizionali, infatti, va verificato caso per caso, perché è molto variegata la situazione a livello regionale e ci sono anche regioni che prevedono l’esenzione dall’addizionale per fasce di reddito. Senza tener conto di queste voci il conteggio è solo indicativo ma comunque significativo.

Quanto pesa l’Irpef sul canone di locazione

In linea di principio la nuova convenienza della cedolare balza agli occhi confrontando tutte le imposte che sostituisce.

Imposte dovute con il regime della cedolare secca Imposte non dovute
Per i contratti di locazione a canone libero 21%
-    Irpef

-    Addizionale regionale

-    Addizionale comunale

-    Imposta di registro (compresa quella su risoluzione e proroga del contratto di locazione)

-    Imposta di bollo (compresa quella su risoluzione e proroghe)

 

Se poi si fa un calcolo in riferimento ai diversi scaglioni di reddito il risultato è il seguente:

CONTRATTI A CANONE LIBERO, TRANSITORI E STAGIONALI

Canone lordo 100 euro annui

importo soggetto a tassazione 95%

Reddito complessivo Aliquota Imposta sul canone Cedolare
fino a 15.000 euro 23% 21, 85 % 21%
15.000-28.000 27% 25,65%
28.000-55.000 38% 36,10%
55.000-75.000 41% 38,95%
Oltre i 75000 43% 40,85%

La convenienza per la tassazione separata balza agli occhi anche considerando solo l’aliquota Irpef, ossia al netto delle addizionali comunali e regionali la cui somma supera generalmente il 2% e senza tener conto del peso della tassa di registro. Questa, solo per la quota a carico del proprietario, è all’1% e quindi complessivamente all’aliquota Irpef va aggiunta una media di tre punti, cosa che porta le imposte sul canone, già per il primo scaglione di reddito, a superare il 24%.

I contratti a canone concordato

Anche nel caso dei contratti a canone concordato, per i quali è prevista la riduzione del 30% dell’importo da dichiarare la cedolare si dimostra l’opzione più conveniente per tutte le fasce di reddito.

CONTRATTI A CANONE CONCORDATO E PER STUDENTI UNIVERSITARI

Canone lordo 100 euro annui

importo soggetto a tassazione 66,50 euro

Reddito complessivo Aliquota Imposta sul canone Cedolare
fino a 15.000 23% 15,07% 10%
15.000-28.000 27% 17,96%  
28.000-55.000 38% 25,27%  
55.000-75.000 41% 27,27%  
oltre 75.000 43% 28,60%  

La convenienza è evidente anche senza considerare il peso delle addizionali e della tassa di registro, che in caso di contratti a canone concordato solo per la quota a carico del locatore è pari allo 0,70%.

Gli immobili vincolati

Si sposta invece verso i redditi più elevati l’asticella della convenienza della cedolare per i proprietari di immobili vincolati dalle Belle Arti. In questo caso, infatti, la quota di affitto da non dichiarare è pari al 35%. Un trattamento di favore rispetto alla locazione di immobili che non presentano vincoli anche se è aumentato, anche in questo caso, il peso del Fisco sul canone di locazione dato che non è più ammessa la tassazione in base alla sola tariffa d’estimo. Considerando la quota di locazione da dichiarare la tabella della convenienza per le locazioni a canone libero è la seguente:

CONTRATTI A CANONE LIBERO, TRANSITORI E STAGIONALI

Canone lordo 100 euro annui

Importo soggetto a tassazione 65%

Reddito Aliquota Imposta sul canone Cedolare
fino a 15.000 23% 14,96% 21%

 

 

 

 

15.000-28.000 27% 17,55%
28.000-55.000 38% 24,70%
55.000-75.000 41% 26,65%
oltre 75.000 43% 27,95%

La convenienza in questo caso, anche considerando le addizionali e l’imposta di registro, scatta solo dal terzo scaglione di reddito. Parte direttamente dal primo scaglione, invece, nel caso di locazione a canone concordato.

Quando la cedolare non è vantaggiosa

Il conteggio presentato è, come detto, del tutto indicativo. Per poter esercitare l’opzione con cognizione di causa, infatti, è necessario tener conto della situazione reale relativamente alle imposte pagate. Ci sono, infatti, situazioni nelle quali si può avere una convenienza fiscale maggiore a scegliere il regime dell’aliquota marginale per i nuovi contratti, quindi denunciando il reddito da locazione ai fini Irpef.

Questo accade in due casi specifici:

  • situazioni di incapienza (senza reddito da locazione) e spese significative per le quali si ha diritto a detrazioni d’imposta;
  • presenza di soli redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente per i quali la detrazione d’imposta non è rapportata al periodo di lavoro e c’è margine per utilizzare la detrazione stessa.

Nel primo caso cumulando i redditi con quello da locazione è possibile utilizzare le detrazioni per ridurre l’importo dell’Irpef dovuto sul canone di locazione. Se invece si optasse semplicemente per la cedolare si avrebbe l’obbligo di pagare l’imposta sul canone senza poter usufruire delle detrazioni per le spese sostenute.

È il caso, ad esempio, di chi ha effettuato lavori di ristrutturazione sull’immobile da affittare e ha per questo detrazioni rilevanti e tali da superare l’Irpef dovuta, o chi affitta parte dell’immobile nel quale vive e ha diritto alla detrazione del mutuo, ma ha solo il reddito da locazione. Se questo fosse sottoposto a cedolare la detrazione del mutuo non sarebbe più possibile.

Stesso discorso per il secondo caso: le detrazioni per i redditi assimilati, infatti variano in funzione del reddito e sono pari a 1.104 x (55.000 – reddito complessivo/50.200). La convenienza a dichiarare il canone di locazione ai fini Irpef può aversi, dunque, anche in questo caso, considerando che per i primi 4.800 euro di reddito non sono dovute imposte in virtù della detrazione. Per sciogliere qualunque dubbio si deve, quindi, raffrontare la cifra dovuta a fronte della cedolare con quella da versare tenendo invece conto del reddito complessivo e delle detrazioni d’imposta applicabili.

 

 


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