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La casula e la mitra che il mondo del lavoro pratese ha donato a papa Francesco

novembre 10 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News, Prato

“Francesco, ripara” è il nome dato al paramento come segno di vicinanza e supporto al pontefice

Grande sobrietà e uno stile che unisce tratti medievali ad una estrema modernità e linearità formali: questa la connotazione della casula e della mitra che il mondo del lavoro di Prato, in tutte le sue componenti, ha donato oggi a papa Francesco in visita in città.

Il vero e più importante dono al pontefice è stato quello ispirato alla misericordia, con l’adesione di categorie economiche e sindacati all’iniziativa “Adotta una famiglia” promossa dalla Diocesi e dalla Caritas. Ma per una visita papale improntata all’incontro col mondo del lavoro si è pensato anche ad un ulteriore dono puramente simbolico, evocativo del lavoro come fattore identitario del territorio, come ricchezza anche culturale e storica dell’intero distretto.

Il tessuto Casula e mitra sono realizzate con un tessuto particolarissimo: la ricostruzione moderna di un “panno” (questa la specifica denominazione tecnica del tessuto riprodotto) del XIV secolo, effettuata dal Museo del tessuto di Prato con il sostegno di Pratotrade, consorzio dell’Unione Industriale Pratese. A fornire le indicazioni tecniche sono state le carte di Francesco di Marco Datini, il mercante pratese di cui è rimasto il ricchissimo archivio commerciale: un unicum per l’epoca e per la natura dei documenti. La dedizione appassionata e competente di tecnici, studiosi, imprenditori e lavoratori ha consentito la “rimessa in produzione” in chiave industriale di un tessuto medievale, con un’operazione di cui non si conoscono precedenti. Il colore riprodotto è ad oggi solo il rosso scarlatto, carico e saturo, che va ad aggiungersi alla versione in bianco naturale della fibra interamente di lana. Il panno, sebbene abbia caratteristiche tecniche antiche e peculiari, è sorprendentemente simile ai continuatori moderni della sua stessa tipologia, che hanno in Prato il loro polo produttivo di eccellenza a livello mondiale: una dimostrazione sia della perizia raggiunta dalle manifatture del XIV secolo, sia dell’importanza della continuità storica nell’ambito del tessile pratese.

Il modello e la realizzazione sartoriale Quello che ormai viene definito “il panno del Datini” ha una mano di estrema gradevolezza e produce un panneggio di grande plasticità e solennità. Si tratta tuttavia di un tessuto del tutto insolito per la confezione di vesti liturgiche, il che ha posto non pochi problemi all’Atelier X Regio di Venezia, incaricato di realizzare progetto complessivo e modello e di eseguire il lavoro sartoriale. Il modello è assolutamente nuovo, studiato appositamente per l’occasione e per la tipologia di tessuto; si richiama alle casule tardo medievali a teli anteriore e posteriore asimmetrici, per quanto strutturata in foggia di contemporanea portabilità. Le cuciture sono state effettuate interamente a mano con punti dritti e decussati. Il panno è tagliato “a vivo” seguendo la logica intrinseca del tessuto: una soluzione che ha consentito anche di evitare ripiegature di eccessivo ispessimento. Le ore di lavorazione sartoriale per la casula con stola e mitra correlata sono state 85, senza contare i tempi di progettazione e di prova.

“Francesco, ripara”: il nome del paramento, il motivo ornamentale ed i colori L’ornamento è basato sulla tipologia del crocifisso di San Damiano che, come riporta Tommaso da Celano, parlò a san Francesco in preghiera nella chiesa diroccata con queste parole: “Francesco, ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina”. Francesco quindi riparò la chiesa di San Damiano e la chiesa universale, intese nelle parole del Cristo come immagine l’una dell’altra. L’icona del crocifisso di san Damiano rimanda all’Italia centrale di cui il territorio pratese fa parte. Seguendo queste suggestioni è stato delineato in sinopia il crocifisso di San Damiano: il rosso del panno del Datini è inserito come ornato sul bianco del medesimo panno, costitutivo del manto della casula. I colori netti e forti del panno – il bianco e il rosso scarlatto – sono accompagnati e stemperati dall’estrema semplicità e rusticità della juta naturale, utilizzata come contrasto per le formelle laterali della sinopia della croce e per i decori del collo della casula, della mitra e della stola. La juta favorisce una lettura più sfumata dei colori saturi del panno, armonizzandone i passaggi cromatici. L’introduzione della juta non è unicamente un espediente dal punto di vista coloristico ma anche un modo per richiamare san Francesco e “Madonna Povertà”, per evocare il lavoro (la juta è la tela utilizzata per i sacchi, a loro volta impiegati in molteplici attività) e per porsi in sintonia con il desiderio di sobrietà di papa Francesco. Il paramento è quindi di tre colori: bianco, rosso e beige naturale della juta. Non risultano precedenti di vesti liturgiche con caratteristiche ornamentali simili. “Francesco, ripara” è il nome che si è voluto dare a questo paramento: un sostegno ad un pontificato che ha la missione di traghettare la Chiesa cattolica in tempi difficili, in cui l’azione riparatrice del pontefice è segno e motivo di speranza.

Il nome Francesco e la sigla “f” Il paramento voluto dal mondo del lavoro pratese è nel segno del nome Francesco, che rimanda sia al pontefice che al grande santo patrono d’Italia. Ma anche Datini si chiamava Francesco ed è con una “f” stilizzata che venivano individuati i colli oggetto dei commerci dal mercante pratese. Una sigla di rustica eleganza ricamata in spago e filo di canapa, inequivocabilmente medievale ed ispirata alla “f” di Datini, è stata posta sul retro della casula, nel fondo dell’ornato posteriore.

Le copie per Prato Una copia esatta – ferma restando l’inevitabile e pregevole minima difformità dovuta alla lavorazione a mano – di casula e mitra è visibile oggi a Prato in Duomo e da domani mercoledì 11 novembre al Museo del tessuto. Una ulteriore copia verrà realizzata a breve e donata alla Diocesi di Prato.

I precedenti di Prato nelle vesti liturgiche Prato non è nuova alla realizzazione di vesti liturgiche di eccezione: da Prato venne il piviale con cui l’allora papa, oggi santo, Giovanni Paolo II aprì la Porta Santa per il Giubileo del 2000. Seguirono nel 2004 i paramenti per il matrimonio dell’allora erede al trono di Spagna, oggi re, Felipe di Borbone e di Letizia Ortiz, le vesti per i 10 cardinali, i 120 vescovi e i 500 sacerdoti intervenuti alla dedicazione della chiesa di san Pio da Pietrelcina e, infine, il parato di santo Stefano per la Diocesi di Prato in occasione del 350° anniversario della sua istituzione.

 


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