Moda, Tessile, Abbigliamento

Nel 2016 oltre 120 miliardi il saldo del Made in Italy

luglio 25 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, Carpi, Como, News, Prato

Nel 2016 il saldo commerciale dei prodotti “made in Italy” ha registrato un valore positivo pari a 121,6 miliardi di euro: dato pressoché in linea con quanto avvenuto negli ultimi anni.

Lo rende noto uno studio della CGIA di Mestre dal quale si desume che tra i prodotti “made”, la parte del leone l’hanno fatta i macchinari (motori, turbine, pompe, compressori, rubinetteria, forni, bruciatori, macchine per l’industria delle pelli, delle calzature e per la lavorazione dei metalli, etc.) con un saldo positivo di ben 48 miliardi di euro (pari al 39,5 per cento del saldo del “made in”). Ottima la performance anche del comparto della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori) che ha raggiunto un risultato positivo di 18 miliardi e dei prodotti in metallo (cisterne, serbatoi, radiatori, coltelleria, stoviglie, generatori di vapore, utensili, etc.) che hanno raggiunto quota +10,9 miliardi e dei mobili (+7,2 miliardi).

Per contro, le altre produzioni manifatturiere, quelle cioè non ascrivibili al “made in Italy”, si sono caratterizzate per saldi commerciali molto negativi: l’industria della carta, stampa e del legno (escluso i mobili) con -1,4 miliardi, il tabacco con -1,8 miliardi, i prodotti metallurgici (fonderie, produzioni di ferro, acciaio, ferro-leghe, tubi, condotti, cavi, etc.) con -2,9 miliardi, le auto con -4,7 miliardi, la chimica-farmaceutica con 8,6 miliardi e i computer e l’informatica con -11,6 miliardi.

In generale, ricordano dalla CGIA, per prodotti “made in Italy” si identificano principalmente quelli ascrivibili ai settori delle “quattro A”: ovvero l’Abbigliamento-moda; l’Arredo-casa; l’Automazione-meccanica e l’Alimentare. Comparti che in larghissima parte sono contraddistinti dalla presenza di PMI a conduzione famigliare che, in molti casi, hanno raggiunto nei propri settori posizioni di leadership mondiale. A seguito di questo straordinario fenomeno che ha avuto inizio nei primi anni ’60 del Novecento, l’espressione “made in Italy” si è trasformata in qualcosa di molto più importante di un semplice marchio di origine, giungendo ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio “brand”, dotato di un’identità ben definita e divenuto sinonimo di qualità e affidabilità che ci sono riconosciute in tutto il mondo.

A livello territoriale, le Regioni protagoniste di questo straordinario risultato sono, in particolar modo, tre: il Veneto (con un saldo “made in” pari a +25,5 miliardi), l’Emilia Romagna (+ 23,6 miliardi) e la Lombardia (+21,4 miliardi). Si pensi che nel 2016 l’incidenza percentuale di queste tre realtà sul saldo commerciale Italia è stato del 58,7 per cento.

“Grazie a questo risultato – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA – possiamo dire che il successo delle produzioni made in Italy ha disegnato il nuovo triangolo industriale del paese. Se il motore dell’economia si concentrava tra Milano, Torino e Genova, da qualche decennio, invece, questa figura ha mantenuto un vertice sulla città meneghina, ma si è spostata su due di nuovi: Venezia e Bologna. All’interno della Pedemontana lombardo-veneta, della via Emilia e dell’asse Bologna-Venezia, infatti, si concentrano conoscenze, saperi, qualità produttive, elevata mobilità professionale e sociale che hanno proiettato stabilmente quest’area tra le macroregioni più avanzate d’Europa”.

Germania (30,8 miliardi di euro), Francia (28,3 miliardi), Stati Uniti (25,9 miliardi) e Regno Unito (14,9 miliardi) sono i principali mercati di sbocco dei prodotti “made in Italy”. In questi quattro Paesi confluisce il 37 per cento del totale delle esportazioni “made”.


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