Trust: strumento per la tutela dei patrimoni
luglio 6 | Pubblicato da Luigi Sorreca | EconomiaIl Trust è un idoneo strumento giuridico di segregazione del patrimonio per interessi meritevoli di tutela legale tanto in ambito dei patrimoni personali, familiari, societari, quanto per la protezione di minori e incapaci
Il trust, specie nel nostro paese, sconta una non esaltante reputazione per due ordini di ragioni, una per essere relativamente giovane la sua ratifica da parte del nostro parlamento per mezzo della Convenzione de l’Aja[1] avvenuta nel 1989 con decorrenza della Legge a partire dal 1992 e come tale non ampiamente conosciuto, l’altra per ignoranza del suo Diritto, delle Giurisdizioni che lo adottano, delle Leggi regolatrici e delle normative fiscali pressoché confuse e controverse.
Invero, è a tutti noto il trust essere di derivazione anglosassone ma non tutti conoscono il diritto dei trust difatti pochi sanno dare una puntuale definizione giuridica come pochi sanno impiegarlo ma molti sanno parlar male pertanto sconta l’ostracismo di un immaginario collettivo dell’opinione pubblica ignara che lo considera uno strumento elusivo appannaggio solo di ricchi e spregiudicati imprenditori settentrionali per proteggere cospicui patrimoni da far pervenire ai loro discendenti -senza farli disporre- perché considerati prodighi o incapaci, o, per un altro verso -meno nobile e illecito- per schermare patrimoni e disponibilità di dubbia provenienza ricorrendo in quest’ultimo caso a Trust off-shore.
La ragione di tanto è la colpevole negligenza di una parte delle professioni vocate all’interno delle quali campeggia supponenza, presumibilmente per celare disinformazione, e per le quali l’istituto risulterebbe inidoneo a soccorrere interessi meritevoli di tutela ben pensando che analoghi strumenti del nostro ordinamento offrono superiore tenuta giuridica. Allo stesso modo campeggia abbondante improvvisazione nell’affrontare le tematiche e le dinamiche dell’istituto tanto da scoraggiarne l’adozione perché qualunquisticamente ritenuto elusivo per i soggetti intenzionati a istituirlo proponendo loro meno performanti strumenti giuridici consuetudinari (anche di recente conio) di separazione e segregazione del patrimonio nella inconsapevole convinzione che essi soccorrono meglio del Trust.
Niente di più erroneo. Vale esattamente il contrario. Il trust riesce meglio di qualsivoglia istituto giuridico interno di separazione del patrimonio e tanto in ragione del poliformismo che peraltro gli è proprio alla luce dell’unilateralità del negozio giuridico posto in essere da colui che lo dispone (disponente) imprimendo in esso “condizioni e regole” tanto per la gestione del fondo in trust quanto per la tutela degli interessi sottesi purché meritevoli e per la tutela e le regole dei beneficiari. Gli istituti giuridici consuetudinari di segregazione del patrimonio non consentono tanto e sono validi per quel che essi rigidamente prevedono, e null’altro.
Il contesto attuale, va detto, dimostra l’infondatezza di tali pregiudizi e dimostra vieppiù che l’interesse dell’autonomia privata è maggiormente tutelato con il trust. A tanto ha contribuito la dottrina sia essa minoritariamente contraria sia essa maggioritaramente a favore ambedue di grande aiuto per la comprensione del fenomeno da parte della magistratura italiana la quale ha saputo, con la terzieta’ che le è propria, sopperire alla mancanza di una legge italiana sul trust ed ha saputo comprendere pregevolmente il fenomeno nella sua astratta funzione sociale discernendo puntualmente tanto i trust elusivi, interposti, fraudolenti posti in essere in danno quanto i trust genuini, puri, spontanei, istituiti al solo scopo di salvaguardare gli interessi meritevoli di tutela legale ex Art 1322 C.C..
Giova rammentare che il trust interno per essere valido e riconoscibile abbisogna di una legge regolatrice[2] la quale al momento continua ad essere quella straniera in funzione della quale la magistratura italiana chiamata al vaglio si sarebbe potuta dichiarare incompetente con grave nocumento in termini di costi e tempi delle parti in causa ma così evidentemente non è stato.
Non a caso, da ultimo, la Suprema Corte di Cassazione, III Sez. Civile, con ordinanza n. 9637 del 19 aprile 2018 ha definitivamente archiviato il vaglio preventivo di ammissibilità dell’istituto in parola dal momento che il medesimo è divenuto tipico del nostro ordinamento alla luce della Legge di ratifica. Infatti, la valutazione astratta della meritevolezza di tutela è stata compiuta (ndr. così afferma la Corte Suprema), una volta per tutte, dal legislatore del 1989 il quale con Legge 16 ottobre 1989 n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1 luglio 1985), ha riconosciuto piena validità alla citata Convenzione dando così cittadinanza nel nostro ordinamento all’istituto in parola per cui non è più necessario che il giudice provveda di volta in volta a valutare se il singolo contratto risponda al giudizio previsto dal citato art. 1322 c.c. avuto riguardo peraltro della premessa alla stessa Convenzione nella quale si afferma espressamente che trattasi di un istituto tipico dei Paesi di common law adottato però anche da altri Paesi con alcune modifiche.
Riprendendo le parole della Suprema Corte invero, il Trust è un istituto del sistema giuridico anglosassone di Common Law che serve a regolare una molteplicità di rapporti giuridici di natura patrimoniale utilmente impiegato nel mondo, ma, anche in Italia da qualche lustro, con maggior diffusione nel centro-nord.
Non va sottaciuto come in tema di segregazione, tutela e separazione del patrimonio, in Italia, se ne parla sempre di più, tanto che, negli ultimi anni vi è stata una crescita esponenziale di soggetti privati, e non solo, i quali di fatto hanno fatto ricorso al trust quale idoneo strumento giuridico adatto a tali fini dal momento che la magistratura italiana ha di fatto sdoganato il trust interno reputandolo oramai pienamente legittimo (cosi è chiamato un Trust istituito in Italia che ha come unico elemento estero la sola legge regolatrice) allorchè venga posto in essere lecitamente.
Per altri aspetti, ma sempre nell’immaginario collettivo, non va sottaciuto come nel sud Italia, escluso evidentemente gli addetti ai lavori ed alcuni imprenditori attenti e avveduti a costituire patrimoni separati insensibili ad azioni esecutive, il trust è associato al termine “Antitrust”[3], che nulla ha a che vedere con il primo evidentemente, mancando l’associazione a quel negozio giuridico capace di creare protezione al patrimonio segregato, per il raggiungimento del lecito fine, rendendolo così insensibile alle future azioni esecutive cagionate da eventi indesiderati e non voluti.
A titolo puramente esemplificativo e non esaustivo i bisogni meritevoli di tutela possono essere, fra tanti sicuramente i fabbisogni della famiglia, di una persona disabile, della persona cara, per garantire un futuro dignitoso e sereno tanto a se medesimi quanto al coniuge, per garantire sostentamento, ai figli per studi e inserimento al lavoro, per garantire assistenza e dignità al minore – all’incapace – al disabile, per il passaggio generazionale di patrimoni e aziende famigliari senza traumi e in esenzione di imposte, per il perseguimento di un fine o scopo tanto commerciale quanto personale o filantropico.
Orbene, val la pena qui elencare alcuni strumenti giuridici di cui dispone il nostro ordinamento a tali scopi ossia il Vincolo di destinazione ex art. 2645/ter c.c.; il Fondo patrimoniale ex art. 170 c.c.; i Patrimoni destinati per singoli affari nelle società di capitali ex art. 2447/bis e seguenti; le Società semplici ex art. 2251/229 c.c. . In detti istituti però non è consentito disporre volontà circa la destinazione o godimento dei beni al verificarsi nel tempo di eventi e condizioni secondo precise regole dal disponente disposte come utilmente avviene nel Trust.
Le tipologie di trust spaziano dal Trust holding al Trust di protezione familiare, Trust patrimoniale, Trust generazionale in funzione di patto di famiglia ma non solo, Trust di garanzia, Trust divorzile, Trust di convivenza, Trust liquidatorio, Trust di scopo, Trust concordatario, Trust commerciale, Trust caritatevole, etc. etc., attività queste, tutte, a presidio e tutela di patrimoni mobiliari e immobiliari, personali e societari, interni ed esterni, che soccorrono utilmente finalità degne di tutela legale.
E’ opinione largamente diffusa nel nostro paese secondo la quale lo strumento giuridico per eccellenza che pone al riparo i beni di famiglia per la famiglia sia il Fondo Patrimoniale ex Art. 167 C.C.. Niente di più erroneo. Non lo è mai stato e non lo sarà mai, specie oggi, alla luce delle ordinanze della Suprema Corte di Cassazione, per le quali, i beni fondati sono direttamente ipotecabili senza preavviso da Equitalia e da quel creditore le cui ragioni promanano da obbligazioni assunte dal debitore intestatario del Fondo quindi contratte per i bisogni della famiglia. Vale a dire, sinteticamente, che i debiti erariali e i debiti aziendali sono reputati alla stregua dei debiti della famiglia e come tali, così come statuito dal Codice Civile, devono essere soddisfatti dai beni della famiglia. Piaccia o no, l’orientamento della Suprema Corte è pienamente condivisibile e non è affatto censurabile semmai rafforza il principio dell’unicità del patrimonio in capo allo stesso soggetto.
Se da un lato tali argomentazioni un tempo non sembravano di interesse rilevante perché ritenute pleonastiche dall’altro in epoca attuale eccessivamente capitalistica l’interesse diviene vivo allorquando si prende atto delle ragioni e opportunità che tali programmi disvelano. Tuttavia la propensione è tanto maggiore allorché il soggetto è parte di un nucleo famigliare al quale dover garantire in tutta sicurezza, soprattutto per il tempo in cui esso non vivrà, un futuro dignitoso e sereno.
Alcune delle tematiche di maggior rilievo per le quali il trust è illuminante adatto sono senza dubbio alcuno: Il passaggio generazionale dell’azienda di Famiglia, La segregazione del patrimonio per i bisogni della famiglia e suoi discendenti, In appoggio a procedure extra e concorsuali per il risanamento della azienda in crisi, In Diritto societario.
Il passaggio generazionale dell’azienda di Famiglia
Essa rappresenta un evento importante e cruciale della vita dell’azienda dal quale spesso dipende la sopravvivenza della medesima. Gli imprenditori italiani over 60 rappresentano circa il 60% del totale universo aziende ciò porta a ritenere che i medesimi nei prossimi anni saranno impegnati necessariamente ad affrontare la vicenda del passaggio. Il 70% dei quali desidera far proseguire l’azienda di famiglia. Il dato preoccupante che deve far riflettere è la bassa percentuale, precipuamente il 25%, di sopravvivenza delle aziende che giungono alla seconda generazione di imprenditori con il 15% di queste che raggiunge la terza generazione. Fatto 100 quindi il totale delle aziende, 25 approdano alla seconda generazione e 3,75 alla terza. Per tale problematica il trust è dirimente. L’argomento è di sicuro interesse e meriterebbe essere approfondito per scegliere il più idoneo dei due istituti giuridici che l’ordinamento offre per il passaggio generazionale dell’azienda di famiglia ossia il Patto di famiglia ex L. 55/2006 o il Trust di famiglia ex L. 364/1989.
La segregazione del patrimonio per i bisogni della famiglia e suoi discendenti
Un imprenditore avveduto, per quanto possibile, deve porre in essere un buon programma di protezione e tutela del proprio nucleo familiare in prospettiva futura e quale fonte delle provvidenze economiche per le esigenze di vita di se medesimo, della famiglia e delle generazioni future o per uno scopo, un programma di protezione e tutela degli Asset aziendali o societari ritenuti strategici.
In appoggio a procedure extra e concorsuali per il risanamento della azienda in
Un nuovo e moderno strumento per la composizione extraprocedimentale della crisi aziendale è senza dubbio alcuno il trust concordatario o liquidatorio, a seconda dei casi aziendali, il quale riesce a ritagliarsi sempre più uno spazio applicativo sempre maggiore nell’ambito delle soluzioni stragiudiziali della crisi dell’impresa e del concordato preventivo, in riferimento ai quali l’istituto in parola può spiegare i suoi effetti soprattutto in relazione alla possibilità di istituire una segregazione dei beni aziendali messi a disposizione dalla stessa impresa o dai terzi portatori di una garanzia supplementare per l’esatto adempimento delle obbligazioni assunte dall’imprenditore in stato di crisi.
Per le operazioni straordinarie delle società
Senza dubbio alcuno la riforma del diritto societario ha posto al centro dell’attenzione l’istituto del trust con la possibile trasformazione della società di capitali eterogenea tanto regressiva quanto progressiva aprendo un dibattito se tanto sia possibile in via analogica o sia precluso a priori, tesi questa ultima minoritaria. Analogamente è posto al centro dell’attenzione, quindi del dibattito, la liquidazione volontaria della società di capitali in trust liquidatorio.
Ambiti questi ultimi 4 sui quali val la pena tornare ad argomentare più diffusamente con appositi articoli.
[1] Legge 16 ottobre 1989, n. 364: Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata da L’Aja il 1° luglio 1985. (Pubblicata nel Suppl. Ord. alla G.U. n. 261 del 8 novembre 1989)
[2]LEGGE APPLICABILE Art. 6 Il trust è regolato dalla legge scelta dal costituente. La scelta deve essere espressa, oppure risultare dalle disposizioni dell’atto che costituisce il trust o portandone la prova, interpretata, se necessario, avvalendosi delle circostanze del caso. Qualora la legge scelta in applicazione del precedente paragrafo non preveda l’istituzione del trust o la categoria del trust in questione, tale scelta non avrà valore e verrà applicata la legge di cui all’art. 7. Art. 7 Qualora non sia stata scelta alcuna legge, il trust sarà regolato dalla legge con la quale ha più stretti legami. Per determinare la legge con la quale un trust ha più stretti legami, si tiene conto in particolare: a) del luogo di amministrazione del trust designato dal costituente; b) della situazione dei beni del trust; c) della residenza o sede degli affari del trustee; d) degli obiettivi del trust e dei luoghi dove dovranno essere realizzati. Art. 8 La legge specificata agli articoli 6 e 7 regola la validità del trust, la sua interpretazione, i suoi effetti e l’amministrazione del trust. In particolare, la legge dovrà regolamentare: a) la nomina, le dimissioni e la revoca del trustee, la capacità particolare di esercitare le mansioni di trustee e la trasmissione delle funzioni di trustee; d) i diritti e gli obblighi dei trustees tra di loro; c) il diritto del trustee di delegare, in tutto o in parte, l’esecuzione dei suoi obblighi o l’esercizio dei suoi poteri; d) i poteri del trustee di amministrare o disporre dei beni del trust, di darli in garanzia e di acquisire nuovi beni; e) i poteri del trustee di effettuare investimenti; f) le restrizioni relative alla durata del trust ed ai poteri di accantonare gli introiti del trust; g) i rapporti tra il trustee ed i beneficiari, ivi compresa la responsabilità personale del trustee verso i beneficiari; h) la modifica o la cessazione del trust; i) la ripartizione dei beni del trust; j) l’obbligo del trustee di render conto della sua gestione. Art. 9 Nell’applicazione del presente capitolo aspetti del trust che possono essere trattati a parte, in particolare le questioni amministrative, potranno essere regolati da una legge diversa. Art. 10 La legge applicabile alla validità del trust stabilisce la possibilità di sostituire detta legge, o la legge applicabile ad un elemento del trust che può essere trattato a parte, con un’altra legge.
[3]Il termine trust ha molteplici significati come tutti gli inglesismi due dei quali sono senza dubbio quelli per i quali l’autore del presente articolo intende fare riferimento ossia un rapporto giuridico con il quale una persona segrega un complesso di beni spossessandosi e contemporaneamente ponendoli sotto il controllo di un trustee (fiduciario) che li amministra e sui quali ha il controllo per conto dei beneficiari, l’altro significato e il Monopolio o istituzione diretta a tutelare la libera concorrenza e ad impedire pratiche monopolistiche di abuso di posizione dominante. In Italia l’introduzione di una normativa antitrust nazionale avvenne con notevole ritardo sia rispetto agli altri Stati europei, sia rispetto alle Comunità europee. Infatti solo nel 1990 fu approvata la legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”. Questo ritardo è stato generalmente spiegato con il prevalere di fattori istituzionali, politici e culturali che hanno reso a lungo poco favorevole l’atteggiamento prevalente nel nostro Paese verso il mercato, l’iniziativa economica individuale e la concorrenza, a dispetto degli auspici formulati dalla dottrina giuridica fin dagli anni quaranta, in particolare da Tullio Ascarelli, e successivamente da altri studiosi, tra cui Guido Rossi. La legge introduce due fondamentali forme di violazione: l’abuso di posizione dominante e l’intesa restrittiva della concorrenza. Le violazioni antitrust negli Stati Uniti hanno rilevanza penale, mentre nel diritto europeo sono punibili con sanzioni amministrative. La legge introduceva per la prima volta le authority, che già avevano una pluriennale esperienza positiva nei Paesi di common law (Inghilterra e Stati Uniti). L’antitrust italiano ed europeo hanno il potere di infliggere sanzioni pecuniarie che possono arrivare fino al 10% del fatturato aziendale per ogni anno di violazione, e dunque dispongono di adeguati meccanismi sanzionatori. Il Parlamento italiano, nell’introdurre norme per la tutela della concorrenza similari a quelle comunitarie, ne ha voluto enfatizzare la finalità di “attuazione dell’art. 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica”, definendo il mercato concorrenziale come il quadro entro il quale si svolge la libertà di tale iniziativa. Il diritto antitrust ha il duplice scopo di garantire i diritti del cittadino-consumatore, e la libera concorrenza delle imprese. La nascita di un trust è associata a un più generale pericolo democratico per la posizione di forza che un soggetto monopolista di natura privata assume nel mercato di riferimento. Si pensi, ad esempio, al potere assunto nella Germania nazista dai cartelli del settore elettrico AEG, dell’acciaio (Vereinigte Stahlwerke AG) e della chimica (IG Farben). Gli Stati nazionali potrebbero non avere la forza e l’autorevolezza di legiferare in merito a poteri economici troppo forti, che vengono a crearsi in situazioni di monopolio. Da ultimo in Italia opera l‘Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la quale è una Autorità amministrativa indipendente che svolge la sua attività e prende decisioni in piena autonomia rispetto al potere esecutivo. È stata istituita con la legge n. 287 del 10 ottobre 1990, recante “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”. L’Autorità è organo collegiale e le sue decisioni vengono assunte a maggioranza. Il Presidente e i componenti dell’Autorità sono nominati dai Presidenti di Camera e Senato e durano in carica 7 anni, non rinnovabili. Il collegio è composto dal Presidente Giovanni Pitruzzella (dal 29 novembre 2011), e da due componenti, Gabriella Muscolo (dal 16 maggio 2014) e Michele Ainis (dall’ 8 marzo 2016).Per contenere la spesa complessiva delle Autorità amministrative indipendenti, il legislatore ha ridotto il numero dei componenti dell’Antitrust da cinque a tre [Art. 23, comma 1, lettera d, del decreto-legge 6 dicembre 2011, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.], compreso il Presidente. Il Segretario Generale, che ha il compito di sovrintendere al funzionamento degli uffici ed è il responsabile della struttura, viene nominato dal Ministro dello Sviluppo Economico su proposta del Presidente dell’Autorità. Il personale dell’Autorità attualmente è composto da 266 unità (al 31 dicembre 2017). La sede unica dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato è a Roma con sede in Piazza G. Verdi n. 6/A- 00198 Roma; Tel.: 06/858211; fax: 06/85821256; www.agcm.it;