Moda, Tessile, Abbigliamento

Una tempesta perfetta sulle piccole imprese del settore della moda

aprile 19 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Eventi, News

CNA Federmoda analizza lo stato del settore e avanza proposte in occasione dell’ottava  edizione di “Made in Italy: valore Economico Sociale Etico!” In programma a Cremona sabato 20 aprile 2024.

Le micro e piccole imprese operanti nella filiera della moda si trovano oggi a fronteggiare una fase molto complicata. In particolare le imprese operanti lungo la catena di fornitura scontano da un lato le problematicità delle relazioni con i grandi clienti spesso afferenti ai grandi gruppi del lusso internazionale dall’altro, l’aumento dei costi (del lavoro, dell’energia, delle materie prime) ha compresso i margini determinando in molti casi risultati d’esercizio negativi. A fronte a queste debolezze, l’attuale calo degli ordinativi può portare alla chiusura dell’attività un numero significativo di laboratori artigianali. Si può stimare che siano attualmente a rischio circa 10 mila imprese e 50mila addetti.

Per tastare il polso al settore della moda, oggi interessato da notevoli fibrillazioni, l’Area Studi e Ricerche CNA ha realizzato per CNA Federmoda un’indagine di campo presso un campione di artigiani e piccoli imprenditori attivi nei tre principali sotto-settori (Industrie tessili, Confezioni di articoli di abbigliamento, Confezioni di articoli in pelle e simili). Delle circa 600 imprese esaminate la gran parte operano conto terzi: le “contoterziste pure” sono il 51,3% del totale, ma si arriva al 76,7% considerando quelle che operano sia conto terzi che con un marchio proprio.

L’indagine evidenzia come le filiere della moda presentino una serie di problematicità: la gran parte delle imprese lavora su commesse che provengono da un numero molto limitato di clienti. Il 40,8% ne ha meno di 6 e per la pelletteria il dato cresce fino al 50,0%. Inoltre, il 28,4% delle imprese dichiara che il numero dei loro clienti si è ridotto negli ultimi 2 anni; il 67,5% delle imprese dichiara di trovarsi spesso ad operare come contoterzista di 2° livello, ossia senza relazioni dirette con il cliente finale, quello che colloca il prodotto finito sul mercato; la maggior parte delle imprese (il 54,7%) hanno rapporti con i clienti che non sono regolati da contratti formali. Solo il 17,1% dichiara di lavorare «sempre» con un contratto; una quota non secondaria di imprese (il 21,0%) dichiara che i rapporti con il loro principale cliente sono peggiorati negli ultimi anni; solo il 22,1% delle imprese sostiene di avere una buona capacità negoziale con i committenti, spuntando prezzi in grado di garantire la piena sostenibilità economica dell’attività produttiva.

Questa vulnerabilità, in coincidenza con la congiuntura negativa che caratterizza oggi i tre settori e in particolare quello dell’area pelle, presenta forti rischi per una quota non secondaria di imprese, con potenziali ricadute negative sull’occupazione e sulla tenuta di uno degli assi portanti del made in Italy. Infatti: Il 39,3% delle imprese nel 2023 hanno registrato un ridimensionamento del fatturato rispetto all’anno precedente. Quelle che hanno subito un “forte ridimensionamento” (superiore al 20%) sono il 16,7 % del totale (ma si arriva al 20,1% nella sola pelletteria e al 24,1% in Toscana, regione fortemente caratterizzata dalla presenza di imprese della filiera della moda); una conferma del fatto che il problema riguarda specificamente i contoterzisti viene dal fatto che le aziende che sono presenti con marchio proprio sui mercati esteri presentano andamenti di fatturato 2023 decisamente migliori della media: solo il 9,8% del totale dichiara ridimensionamenti; sul fronte dell’occupazione i dati segnalano una sostanziale stabilità per il 44,6% delle imprese.

 


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