Il boom della moda di seconda mano e l’economia circolare
aprile 8 | Pubblicato da Luigi Sorreca | NewsCome cambiano i comportamenti dei consumatori
I negozi dell’usato di abbigliamento non sono una novità. Qualcosa nei modelli di consumo sta però cambiando e c’è una nuova percezione del second-hand, non più un ripiego, ma una scelta “smart & cool”, soprattutto per le nuove generazioni, dai Millennials agli Zoomers. La combinazione della nuova percezione con l’avvento delle tecnologie digitali e delle piattaforme di vendita e scambio online ha fatto il resto generando una crescita vorticosa del mercato.
Uno studio di Vestiaire Collective, una delle principali piattaforme dell’abbigliamento second-hand con 11 milioni di utenti registrati in 80 paesi, e del Boston Consulting Group ha stimato che oggi il mercato della moda second-hand rappresenti globalmente 40 miliardi di dollari. La crescita media prevista nei prossimi anni è del 15%-20%, una accelerazione che porterebbe il valore del mercato a circa 75 miliardi di dollari nel 2025, con tassi di crescita più elevati nei Paesi ad alto reddito.
Sempre lo studio del BCG analizza inoltre le motivazioni di acquisto. La novità è che per una quota molto elevata di consumatori la ragione principale per acquistare nei canali del seconda mano è la possibilità di trovare capi unici e un’ampia varietà di stili e marchi – più ampia di quella che si trova nei canali usuali. Permane ovviamente anche una elevata quota di consumatori che sceglie il seconda mano per la convenienza e la possibilità di acquistare modelli altrimenti fuori dalla portata del budget. E’ una minoranza, anche se non piccola, quella di chi si avvicina al seconda mano soprattutto per motivi di consapevolezza ambientale.
Se si dovesse individuare un anno il cui cambio di velocità per questo canale, che la pandemia non ha frenato ma anzi rafforzato, il 2019 è stato fondamentale. Business of Fashion ha calcolato che tra il 2019 e il 2021 sono andate live almeno 13 nuove piattaforme dedicate al second-hand, in una rincorsa che ha coinvolto consumatori, marchi della moda e investitori.
Malgrado il boom che questo canale sta vivendo il futuro presenta molte incertezze. Sul mercato si confrontano infatti modelli di business molto diversi la cui sostenibilità economica deve ancora essere dimostrata: sharing C2C, intermediazione in conto vendita, piattaforme di proprietà dei marchi (riservati ai prodotti del marchio o aperte) o indipendenti, piattaforme B2B di Resale as a Service (RaaS). Il raggiungimento di adeguati livelli di profittabilità resta una sfida aperta che le startup del settore e i relativi modelli di business sono ancora lontane dal vincere. Un esempio sono le 3 piattaforme che finora si sono quotate in borsa: The RealReal, Poshmark e ThreadUp, nessuna di esse hanno finora depositato bilanci senza perdite e il valore corrente delle loro azioni è oggi inferiore al prezzo di collocamento.
Sul mercato europeo, un elemento che potrà favorire il consolidamento del canale del seconda mano sarà l’entrata in vigore degli schemi di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) imposti dalla direttiva europea 851 del 2018, e che prevede un maggior coinvolgimento di produttori e importatori nella gestione del fine vita dei capi di abbigliamento.
La direttiva è stata già incorporata nelle leggi nazionali in Italia, Francia, Germania, Spagna ed è in via di incorporazione negli altri paesi membri.
Da: Newsletter Milano Unica