Moda, Tessile, Abbigliamento

La moda italiana e la ripresa post-Covid. I risultati 2021 e le prospettive ‘22

novembre 17 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

La ripresa delle attività che il successo del piano vaccinale – che non si poteva dare per scontato solo alcuni mesi fa – e le conseguenti politiche di progressiva apertura hanno consentito è stata più rapida di quanto ci si potesse aspettare. In Italia, dopo l’euforia del primo semestre (+7,6% il PIL), la crescita è stata robusta anche nel terzo trimestre (+3,8% rispetto all’anno precedente), trascinata sia dalla domanda interna che dalle esportazioni. Lo slancio del terzo trimestre ha contribuito a ridurre ulteriormente le distanze con i livelli pre-crisi. A fine agosto la variazione del PIL già acquisita per il 2021 era già del +6,1%.

Anche l’industria italiana della moda ha seguito l’onda positiva della ripresa con una crescita del 19% del fatturato nei primi 8 mesi rispetto agli stessi mesi del 2020, non è però stata tra i settori industriali più dinamici – in media l’industria manifatturiera è cresciuta del 26% – e mentre alcuni settori hanno già recuperato appieno e in qualche caso superato i livelli di fatturato pre-Covid, il fatturato della moda resta ancora sotto i livelli pre-crisi di circa il 10%. Una dinamica che si rispecchia nell’andamento delle esportazioni (+22% rispetto al 2020 nei primi 7 mesi), ma il livello è del 9,3% inferiore a quello dello stesso periodo del 2019.

E’ inoltre da sottolineare l’impatto negativo della BREXIT sulle esportazioni della moda italiana. Se consideriamo i primi 40 paesi clienti 33 hanno registrato nei primi 7 mesi del 2021 una crescita delle esportazioni della moda italiana a due cifre, 6 a una cifra e solo uno ha registrato un calo, il Regno Unito (-11,2%) si tratta di €164milioni di export in meno rispetto al 2020 e €780milioni in meno rispetto al 2019.

Archiviata la fase esplosiva ci si interroga oggi su quali vincoli e opportunità possano influenzare la prosecuzione della crescita nei prossimi mesi.

Dal lato della domanda, il clima di fiducia dei consumatori rassicura sulla prosecuzione del traino della domanda di beni di consumo, sia sul mercato italiano che sui mercati esteri.

Le preoccupazioni riguardano piuttosto alla capacità dell’offerta di soddisfare la domanda crescente e in particolare da due fattori: in primo luogo la difficolta delle reti della logistica internazionale – interruzioni e carenza di container, ingorghi nei terminal e nei porti – che nella moda sta accelerando i fenomeni di ricerca di catene di fornitura più “corte; in secondo luogo la forte crescita dei prezzi dell’energia. Il petrolio (BRENT) oscilla da settimane intorno agli 80 Euro al barile, era 40$ un anno fa. Il gas, da cui dipende molta della produzione di energia in Europa ha superato i 100$ per Mw/ora a ottobre e oggi è intorno agli 80$, era a 14$ un anno fa. Questi prezzi dell’energia possono disincentivare la produzione di materiali di base e di fondamentale importanza per la produzione in molti settori.

Da questo scenario sono emerse spinte inflazionistiche, da giugno di quest’anno l’inflazione dei prezzi al consumo nell’UE ha superato il +2% che è il target di inflazione della Banca centrale Europea, che potrebbero mettere in discussione politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea, che è stata fondamentale nel sostenere la ripresa. Per ora, tuttavia, la presidente dell’ECB ha rassicurato, anche nell’ultima conferenza stampa di fine ottobre, che la Banca Centrale non prevede cambiamenti di rotta nella politica monetaria espansiva. Anche se ci si attende che il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) della ECP si chiuda in Marzo.

Oltre alla politica monetaria anche quella fiscale e della spesa pubblica resteranno espansive in tutta Europa e in gran parte dei Paesi, alimentando le attese di un 2022 ancora positivo, anche se ovviamente non esplosivo come il 2021. La scorsa settimana la Commissione Europea ha rialzato le previsioni per il 2022 i consumi privati sono attesi crescere del 6% in Europa (+4,9% la previsione per l’Italia) e del 4,5% negli USA.

Il 2022 sarà quindi un anno di consolidamento della crescita anche per la moda italiana, il cui fatturato che potrà riavvicinarsi di molto, anche se forse non ancora raggiungerli del tutto, ai livelli pre-crisi. A condizione però che la campagna vaccinale consenta di scongiurare arretramenti sulle politiche di apertura e un ritorno al clima cupo del 2020.

 


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