LA MODA MASCHILE ITALIANA NEL 2018-2019 (A cura di SMI)
giugno 12 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, Como, Economia, News, PratoNota a cura del Centro Studi di Confindustria Moda per Sistema Moda Italia
Il bilancio settoriale del 2018
La moda maschile italiana (aggregato che, si ricorda, comprende l’abbigliamento in tessuto, la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) – come emerge dal bilancio settoriale riportato in Tabella 1 – archivia l’anno 2018 in area positiva, facendo registrare una crescita pari al +2,4%. Il turnover settoriale oltrepassa, pertanto, i 9,5 miliardi di euro. Le prudenziali previsioni rilasciate in occasione della scorsa edizione di Pitti Uomo (Gennaio 2019), allorquando si era stimata una dinamica pari al +1,5%, risultano, quindi, superate a consuntivo, grazie ad una moda maschile che si è dimostrata meno sensibile al deterioramento congiunturale. Proprio le esportazioni si sono del resto rivelate ben più vivaci di quanto in via cautelativa stimato in base al trend del commercio mondiale e, non di meno, le importazioni si sono mantenute su ritmi vigorosi; il sell-out sul mercato interno, invece, si è mostrato in linea con le attese basate sugli andamenti delle ultime stagioni.
A fronte di simili performance, la moda maschile concorre così al 17,2% del turnover complessivamente generato dalla filiera Tessile-Moda nazionale e al 27,3% della sola parte abbigliamento.
Nel corso del 2018 il valore della produzione (si ricorda che tale variabile si propone di stimare il valore dell’attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati), dopo il recupero del 2017, segna una flessione nella misura del -1,7%.
Con riferimento all’interscambio con l’estero, l’export mantiene il suo ruolo fondamentale a supporto della crescita della moda maschile italiana. Le esportazioni di settore, grazie ad una crescita del +4,9%, si portano quasi a 6,4 miliardi di euro (+296 milioni in un anno); in tal modo, l’incidenza dell’export sul fatturato passa al 67,2%. Nel caso dell’import si registra, invece, un’inversione di tendenza, che porta ad un recupero fino al +8,6%. Le importazioni di moda uomo salgono, pertanto, a 4,3 miliardi di euro.
A fronte della suddetta dinamica di export ed import, nel 2018 il settore, confermando la tendenza prevista già in Gennaio, sperimenta una lieve riduzione del saldo commerciale, che passa a 2.079 milioni di euro, con una perdita di 44 milioni in dodici mesi.
Se si considera il mercato italiano, nel corso del 2018 gli acquisti di moda maschile da parte delle famiglie residenti presentano un peggioramento del trend negativo. Le rilevazioni effettuate da Sita Ricerca per conto di SMI indicano una diminuzione del sell-out di moda maschile pari al -4,8% con riferimento all’anno solare, in deterioramento dunque rispetto al calo del -1,5% archiviato nel 2017.
La Primavera/Estate aveva mostrato un avvio non particolarmente favorevole, tuttavia grazie alla dinamica positiva delle vendite riscontrata nel periodo dei saldi (+2,2%), si chiude con una variazione complessiva del -2,9% rispetto alla P/E 2017. Nella seconda metà dell’anno il settore ha poi accusato un ulteriore peggioramento su cui ha pesato in maniera significativa la contrazione del periodo settembre-ottobre, contrazione su ritmi superiori al -10%. Anche l’ultimo bimestre dell’anno si conferma riflessivo (-2,1%).
Con l’inizio del nuovo anno, non si riscontra nessun cambio di passo; il 2019 si apre, infatti, con un decremento del -3,3% rispetto al gennaio-febbraio 2018.
Tornando alle performance dell’anno solare 2018, il segmento preponderante, ovvero la confezione (55,5% del sell-out di moda maschile) evidenzia una flessione in linea con la media settoriale, pari al -4,7%. La maglieria presenta una dinamica peggiore rispetto alla confezione, pari al -7,2%, mentre camiceria e cravatte cedono rispettivamente il -1,0% e il -1,7%. Calo prossimo al -15% si rileva, invece, per l’abbigliamento in pelle.
A livello di canale distributivo (essendo tali dati disponibili per stagione sono relativi al periodo compreso da marzo 2018 fino a febbraio 2019), il mercato uomo risulta ormai dominato dalle catene, che hanno raggiunto quota 38,8%, davanti al dettaglio, sceso al 25,2%. Anche nel periodo in esame, del resto, le catene, in controtendenza rispetto alla media settoriale, avanzano del +1,1%, mentre il sell-out intermediato dal dettaglio indipendente cede il -3,6%. Contrazioni delle vendite interessano la grande distribuzione organizzata, nonché outlet e ambulante entrambi interessati da decrementi particolarmente accentuati.
L’e-commerce, dopo la frenata della P/E-A/I 2017-18 (-0,2%), torna a crescere, sperimentando una variazione positiva nella misura del +2,9%. Tale canale ha raggiunto il 7,0% del mercato della moda maschile nazionale.
2. Le performance sui mercati esteri nel 2018
Come anticipato nel commento del bilancio settoriale (dal quale però, si ricorda, sono esclusi i prodotti junior), nell’anno 2018 la moda maschile ha assistito ad una prosecuzione del trend positivo sul fronte export, in aumento del +5,5% su base annua, mentre l’import, dopo la frenata al -0,6% archiviata nel 2017, torna a crescere fino a raggiungere un tasso medio annuo pari al +9,9%.
Al di là del dato medio settoriale, i segmenti di prodotto qui presi in esame, come già anticipato in termini di turnover, hanno tuttavia registrato andamenti dicotomici. Analogamente a quanto già rilevato nel 2017, anche nel 2018 incrementi delle vendite estere hanno infatti interessato sia la confezione sia la maglieria, rispettivamente in crescita del +4,5% e del +11,2%. Di contro, camiceria e cravatte sono risultate in calo, la prima del -3,1%, le seconde del -8,0%. La confezione in pelle, dopo l’assestamento del 2017 (+0,1%), mostra una contrazione delle vendite estere pari al -6,2%.
Con riferimento agli sbocchi commerciali, si sottolinea come sia le aree UE sia quelle extra-UE siano state favorevoli al comparto, crescendo tuttavia rispettivamente del +1,4% e del +10,4%. Il mercato UE si conferma sempre il maggior “acquirente”, con una quota del 52,1% sull’export totale di settore.
Nel 2018 primo mercato di sbocco del menswear made in Italy è risultato il Regno Unito, che, cresciuto del +7,6%, sorpassa di dieci milioni la Germania, in aumento del +2,3% su base annua.
La Francia si conferma in terza posizione e si mostra comunque interessata da una dinamica positiva, nella misura del +2,5%. Sempre restando in ambito UE, la Spagna risulta invece in controtendenza e segna un calo del -1,2%. Restando nell’ambito dei primi 15 mercati di sbocco, i Paesi Bassi presentano una variazione del +3,3%, mentre, pur su valori più modesti, Austria e Belgio flettono rispettivamente del -7,1% e del -12,1%. L’export verso la Svezia si incrementa infine del +8,7%.
Passando ora all’esame delle aree extra-UE, si registra una crescita a doppia cifra dei flussi verso la Svizzera (+15,9%), piattaforma logistico-commerciale per diverse griffe anche del settore uomo.
Gli Stati Uniti, dopo le perdite del biennio precedente, tornano interessati da una dinamica positiva, su base annua pari al +6,0%; l’export di menswear verso gli USA si porta dunque a 590 milioni.
Analizzando i mercati del Far East, le vendite verso Hong Kong presentano una crescita del +8,4%, mentre quelle dirette in Cina crescono del +36,2%, avvicinandosi proprio ai livelli di Hong Kong; se sommati, con i loro 670 milioni di euro complessivi, sono secondi solo a Regno Unito e Germania, davanti non solo alla Francia ma anche agli USA.
Performance soddisfacente interessa sia il Giappone, dove l’export di menswear italiano cresce del +4,8%, sia soprattutto la Corea del Sud, che fa registrare un incremento a due cifre pari al +18,9%, per un valore complessivo di 168 milioni di euro.
Infine, pur nettamente meno rilevante per la moda maschile rispetto a quella femminile, la Russia, dopo il vivace dinamismo (+19,6%) archiviato nel 2017, si conferma positiva, crescendo del +4,1%, per un totale di 182 milioni di euro. Nel caso del totale Tessile-Abbigliamento, al contrario, frena al -0,4%.
Relativamente alle importazioni, nel 2018 la moda maschile (comprensiva in tal caso, come indicato in Tabella 2, anche dello junior) ha sperimentato un incremento pari al +9,9%.
Entrando più nello specifico delle singole merceologie qui in esame, l’import di capi in tessuto e l’import di maglieria crescono rispettivamente del +7,6% e del +14,9%; la camiceria maschile di importazione aumenta invece del +4,7%. Le cravatte importate palesano una flessione del -6,2%, mentre l’abbigliamento in pelle d’importazione cede il -4,8%.
Con riferimento alle performance relative ai mercati di approvvigionamento, la Cina si conferma in assoluto top supplier a quota 17,0%, nonostante accusi un decremento del -2,7%.
Il Bangladesh, secondo supplier a quota 13,3%, conferma il trend di crescita, segnando una variazione del +1,8%. Il dato della Cina ma anche quello del Bangladesh vanno comunque incrociati con quello dei Paesi Bassi, in aumento del +20,9%, tradizionale porto d’ingresso per merci asiatiche, nonché del Belgio (+13,7%). La Romania, dopo la contrazione accusata nel 2017, rimbalza del +10,1%. Aumenti interessano anche le importazioni da Francia (+28,8%), Tunisia (+4,6%) e Germania (+7,9%).
3. La moda maschile nel 2019: prime indicazioni
Come si è avuto modo di ricordare qualche settimana fa in occasione della Conferenza Stampa del 7 maggio, il peggioramento congiunturale con cui si è concluso il 2018 e con cui si è aperto il 2019 ha trovato riscontro nelle analisi campionarie condotte sul settore Tessile-Moda con riferimento al primo trimestre dell’anno in corso.
Pur tuttavia, sulla base delle prime e provvisorie statistiche ISTAT rilasciate in questi giorni, nei soli primi due mesi dell’anno, periodo questo pur poco significativo sia a livello statistico sia a livello di business, e quindi, da valutare con estrema cautela, la moda maschile italiana ha visto l’interscambio con l’estero proseguire su un sentiero favorevole, risultando, almeno limitatamente al primo bimestre dell’anno, meno esposta alle criticità congiunturali. Sulla base dei dati ISTAT disponibili alla data di chiusura della presente Nota, l’export di menswear registra infatti un incremento del +7,3% (per un totale di 1237 milioni di euro), mentre l’import cresce del +7,0% (per un totale di 973 milioni di euro).
In particolare, il fatturato estero risulta sostenuto, ancora una volta, dalla maglieria (+17,9%) e dalla confezione (+4,9%). Viceversa, le altre merceologie mostrano tutte un decremento dell’export (-4,3% per la camiceria, -7,6% per le cravatte, -12,3% per l’abbigliamento in pelle), analogamente al 2018.
In queste prime battute del 2019 con riferimento ai maggiori mercati di sbocco si riscontrano dinamiche tutto sommato soddisfacenti: crescono le vendite in Germania (+4,1%), Regno Unito (+21,3%), Francia (+7,2%) e Stati Uniti (+17,0%), nonché verso Hong Kong (+7,8%), Cina (+19,8%) e Giappone (+18,9%). A tale quadro incoraggiante, fa eccezione ancora la Spagna, in calo del -2,1%.
Al di là di queste prime indicazioni, l’appuntamento fieristico di Pitti Uomo si rivelerà ancora una volta un termometro particolarmente significativo per capire le tendenze del mercato, consentendo agli operatori del settore di formare al meglio le proprie aspettative per i mesi a venire e indirizzare, di conseguenza, le proprie strategie di business.