Moda, Tessile, Abbigliamento

La moda maschile italiana nel 2019-2020 (Nota a cura di SMI)

luglio 21 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Economia, News

Nota a cura del Centro Studi di Confindustria Moda per SISTEMA MODA ITALIA

Il bilancio settoriale del 2019

La moda maschile italiana (aggregato che, si ricorda, comprende l’abbigliamento in tessuto, la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) – come emerge dal bilancio settoriale riportato in Tabella 1 – archivia l’anno 2019 in area positiva, facendo registrare un’accelerazione della crescita al +6,6%. Il turnover settoriale sfonda, pertanto, la soglia dei 10 miliardi di euro. Le prudenziali previsioni (complice il rallentamento congiunturale) rilasciate in occasione della scorsa edizione di Pitti Uomo (Gennaio 2020), allorquando si era stimata una dinamica pari al +4,0%, risultano, quindi, superate a consuntivo, grazie soprattutto al vivace dinamismo dimostrato dalla moda maschile sui mercati internazionali. Proprio le esportazioni hanno meglio performato rispetto a quanto stimato in via cautelativa in base al trend del commercio mondiale emerso nell’ultimo quarter e, non di meno, le importazioni hanno confermato il già discreto ritmo atteso; il sell-out sul mercato interno, di contro, si è mostrato in linea con l’andamento riflessivo che ha caratterizzato le ultime stagioni.

A fronte di simili performance, la moda maschile concorre così al 18,1% del turnover complessivamente generato dalla filiera Tessile-Moda nazionale e al 28,0% della sola parte abbigliamento.

In termini di turnover, il menswear ha visto la maglieria come best performer (in aumento di oltre il +10%); la stessa confezione cresce (+6,0% circa) accelerando rispetto al dato 2018, mentre la camiceria torna positiva. Si conferma, invece, in arretramento la cravatteria; da ultimo la pelle mostra un debole segnale favorevole.

Nel corso del 2019 il valore della produzione (si ricorda che tale variabile si propone di stimare il valore dell’attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati), torna interessato da una dinamica positiva, recuperando il +0,7%.

Con riferimento all’interscambio con l’estero, l’export mantiene il suo ruolo fondamentale a supporto della crescita della moda maschile italiana. Le esportazioni di settore, grazie ad una crescita del +9,9%, si portano a poco più di 7 miliardi di euro (+633 milioni in un anno); in tal modo, l’incidenza dell’export sul fatturato passa al 69,3%. Nel caso dell’import si registra, una prosecuzione della crescita, nell’ordine del +7,8%. Le importazioni di moda uomo salgono, pertanto, a 4,7 miliardi di euro.

A fronte della suddetta dinamica di export ed import, nel 2019 il settore sperimenta un incremento del saldo commerciale, che passa a quasi 2,4 miliardi di euro, con un guadagno di 298 milioni in dodici mesi.

Se si considera il mercato italiano, con riferimento all’anno solare 2019 gli acquisti di moda maschile da parte delle famiglie residenti presentano ancora una flessione, contabilizzata nel -4,1% secondo le rilevazioni effettuate da Sita Ricerca per conto di SMI.

La Primavera/Estate si era chiusa con una contrazione del -5,5%, in peggioramento, dunque, rispetto al dato della P/E 2018 (-2,9%). Nella seconda metà dell’anno la moda maschile vede attenuarsi l’entità del calo dei consumi: il bimestre settembre-ottobre si rivela il migliore del 2019, contenendo la variazione al -2,3%. Anche nell’ultimo bimestre dell’anno resta in flessione (-3,5%), ma su tassi migliori rispetto a quelli della P/E.

Con l’inizio del nuovo anno, non si riscontra nessun cambio di passo; il 2020 si apre, infatti, con un primo bimestre in calo del -4,6% rispetto al gennaio-febbraio 2019.

Tornando alle performance dell’anno solare 2019, il segmento preponderante, ovvero la confezione (55,9% del sell-out di moda maschile) e la maglieria (25,0%) evidenziano entrambi una flessione migliore della media, pari al -3,4%. Le cravatte cedono il -4,5%, mentre fanalino di coda è la camiceria, in calo del -7,9%. In controtendenza, dopo il calo a due cifre del 2018, l’abbigliamento in pelle cambia passo e cresce del +2,9%.

A livello di canale distributivo (essendo tali dati disponibili per stagione sono relativi al periodo compreso da marzo 2019 fino a febbraio 2020), il mercato uomo risulta ormai dominato dalle catene, che hanno raggiunto quota 42,8%, davanti al dettaglio, sceso al 22,8%, e alla GDO passata ad un’incidenza del 21,9%. Nel periodo in esame, la tendenza viene confermata: le catene, in controtendenza rispetto alla media settoriale, avanzano del +5,4%, mentre il sell-out intermediato dal dettaglio indipendente cede il -13,6%. Contrazioni delle vendite interessano la grande distribuzione organizzata, nonché outlet e ambulante entrambi interessati da decrementi particolarmente accentuati. Oltre alle catene, si muove favorevolmente l’ecommerce, in aumento nella misura del +7,1%. Tale canale ha raggiunto il 7,8% del mercato della moda maschile nazionale.

2. Le performance sui mercati esteri nel 2019

Come anticipato nel commento del bilancio settoriale (dal quale però, si ricorda, sono esclusi i prodotti junior), nell’anno 2019 la moda maschile ha assistito ad una prosecuzione del trend positivo sul fronte export, in aumento del +10,2% su base annua, mentre l’import cresce su un tasso medio annuo pari al +8,0%.

I segmenti di prodotto qui presi in esame hanno mostrato in prevalenza andamenti favorevoli. Nel 2019 incrementi delle vendite estere hanno infatti interessato la confezione, che segna una dinamica del +8,1%, ma soprattutto la maglieria, in aumento su ritmi doppi raggiungendo il 16,6%. Le vendite estere della camiceria maschile, invertito il trend negativo del 2018, si incrementano del +2,7%, quelle della confezione in pelle, invece, non vanno oltre al +0,3%. Di contro restano in flessione le esportazioni di cravatte, in calo del -5,9%.

Con riferimento agli sbocchi commerciali, si sottolinea come sia le aree UE sia quelle extra-UE siano state favorevoli al comparto, crescendo entrambi di circa il +10,0%. Il mercato UE si conferma sempre il maggior “acquirente”, con una quota del 52,0% sull’export totale di settore. Analogamente al 2018, nel 2019 primo mercato di sbocco del menswear made in Italy è risultato il Regno Unito, cresciuto addirittura del +22,8%, portandosi a oltre 840 milioni.

Al secondo posto, la Svizzera, hub logistico-commerciale per diverse griffe anche del settore uomo, evidenzia un aumento altrettanto sostenuto pari al +26,3%. La Germania, salita in terza posizione davanti alla Francia, archivia una dinamica del +7,9%; la stessa Francia cresce, invece, del +10,2%. Restando in Europa, la Spagna non va oltre ad un +0,8%.

Relativamente alle aree extra-UE, gli USA risultano interessati dal +8,0%, mentre Hong Kong e Cina mostrano rispettivamente una variazione del +3,9% e del +7,5%. Restando in Estremo Oriente l’export verso il Giappone cresce a doppia cifra, ovvero del +17,9%, mentre la Corea del Sud, pur su livelli più bassi, del +17,0%.

Nell’ambito dei primi 15 mercati di sbocco, i Paesi Bassi presentano una variazione del +1,8%, Austria e Belgio crescono rispettivamente del +21,5% e del +9,9%; di contro, la Russia cede il -3,7%. Fa il suo ingresso in tale gruppo anche il Canada, con un export in aumento del +11,0%.

Relativamente alle importazioni, nel 2019 la moda maschile (comprensiva in tal caso, come indicato in Tabella 2, anche dello junior) ha sperimentato un incremento pari al +8,0%.

Entrando più nello specifico delle singole merceologie qui in esame, l’import di capi in tessuto e l’import di maglieria crescono di oltre l’8,0%; la camiceria maschile di importazione aumenta invece del +5,7%. Le cravatte importate si confermano in flessione del -7,6%, mentre l’abbigliamento in pelle d’importazione sale del +1,7%.

Con riferimento alle performance relative ai mercati di approvvigionamento, la Cina si assesta sui livelli del 2018, con una quota sul totale del 15,7%. Il Bangladesh, secondo supplier a quota 12,7%, conferma il trend di crescita, segnando una variazione del +3,2%. Il dato della Cina ma anche quello del Bangladesh vanno comunque incrociati con quello dei Paesi Bassi, in aumento del +31,4%, tradizionale porto d’ingresso per merci asiatiche, nonché del Belgio (+10,7%). La Romania, al terzo posto, si incrementa del +4,2%, mentre la Spagna presenta un mini-boom, nella misura del +57,4%. Cala, invece, l’import sia dalla Francia (-0,2%) sia soprattutto dalla Tunisia (-4,4%).

3. La moda maschile nei primi mesi del 2020

A poche settimane dall’inizio del 2020 lo scoppio dell’emergenza Covid-19 in Cina e la diffusione della pandemia in Italia, in Europa e via via nel resto del Mondo consegnano la moda maschile ad uno scenario completamente inaspettato e profondamente diverso da quello cui si era abituati.

I dati ad oggi disponibili consentono di fotografare l’evoluzione del comparto nei primissimi tre mesi dell’anno, dando conto del primo impatto che il settore ha accusato a seguito dell’emergenza sanitaria.

Nel gennaio-febbraio, in realtà, il commercio con l’estero si è mantenuto discreto: l’export si era chiuso a +3,3%, l’import a +3,2%. Come indicato in Tabella, il trimestre presenta, invece, per la prima volta da diversi anni, una dinamica negativa: il gennaio-marzo cala infatti del -7,4% in termini di import e del -6,0% in termini di export. Più in particolare, il solo mese di marzo assiste ad una contrazione del -31,0% (corrispondente a 135 milioni di euro in meno) rispetto al mese di marzo 2019; l’export cede invece in un solo mese il -26,7% bruciando 147,7 milioni di euro rispetto al marzo 2019.

Analizzando i mercati di sbocco, nel primo quarter 2020 Regno Unito, Germania e Francia perdono rispettivamente il -4,1%, il -1,3% e il -8,0%; anche la Spagna, pur su livelli inferiori, cala del -2,5%. Restano, invece, in aumento i flussi destinati alla Svizzera, nell’ordine del +8,5%. Arretramenti ben più marcati rispetto a quelli emersi nel Vecchio Continente si riscontrano in America ed Asia. L’export di moda maschile verso gli USA cede il -11,4%; nel Far East il Giappone cede il -8,1%, ma sono Hong Kong e la Cina ad accusare il peggior risultato, ovvero una flessione rispettivamente pari al -24,7% e al -36,8%. In controtendenza resta la Corea del Sud, in aumento del +15,8%.

Nel caso dei principali fornitori, nel gennaio-marzo 2020 il Bangladesh supera per la prima volta la Cina: entrambi presentano, comunque, dei decrementi l’uno del -5,0%, la seconda del -9,7%. A fronte di ciò, tuttavia, i flussi dai Paesi Bassi crescono del +21,2% rivelandosi peraltro l’unico partner interessato da una variazione positiva tra i primi 15. Gli approvvigionamenti da Francia e Romania calano rispettivamente del -2,8% e del -14,7%.

In termini di prodotto, la flessione di importazioni ed esportazioni risulta generalizzata. Le vendite estere di cravatte raggiungono addirittura il -25,1%, quelle di camiceria flettono del -10,1%. Confezione, maglieria e abbigliamento in pelle calano oltre confine di oltre il -5,0%. Anche le importazioni chiudono il primo trimestre in calo, oscillando tra il -4,0% delle cravatte e il -15,8% della camiceria.

Venendo all’Italia, secondo i dati elaborati da Sita Ricerca per SMI, il sell-out di moda maschile da gennaio ad aprile arretra del -34,0%, con un bimestre marzo-aprile che ha, inevitabilmente raggiunto, a causa della chiusura delle attività, punte di oltre il -70,0% (più precisamente -75,4%). In controtendenza, si è mosso l’e-commerce, che nei primi quattro mesi dell’anno cresce del +14% per il totale Tessile-Abbigliamento-Calzature. Tale canale ha sperimentato una progressione rilevante di mese in mese: dopo un gennaio e febbraio rivelatisi già favorevoli (rispettivamente in aumento del +4,2% e +6,1%) a marzo le vendite on-line crescono del +1,8%, passando poi al +40,8% in aprile e, soprattutto, balzando al +152,3% in maggio. Per giugno, inoltre, per tale canale ci si attende una dinamica allineata a quella di aprile.

Pubblicazione a cura di Confindustria Moda La presente pubblicazione (in seguito Documento) è opera esclusiva ed originale di Confindustria Moda a favore della Federazione Tessile e Moda – SMI (per il tramite di Tessile & Moda Service – Soc. Unipersonale). Confindustria Moda è impegnata in numerose attività aventi ad oggetto la tutela e la promozione degli interessi di categoria delle imprese dei settori aderenti. Il presente Documento, realizzato per Pitti Immagine srl, è destinato ad essere distribuito via posta, elettronica o ordinaria, e non può essere ridistribuito, riprodotto, pubblicato o alterato in alcuna delle sue parti da soggetti non espressamente autorizzati. Tutti i diritti di autore sono riservati. Il Documento ha finalità puramente informative e non rappresenta né un’offerta né una sollecitazione ad effettuare alcuna operazione. Le informazioni, le opinioni, le valutazioni e le previsioni contenute nel Documento sono state ottenute o derivano da fonti che Confindustria Moda ritiene attendibili, ma che non costituiscono in alcun modo una forma di garanzia sia implicita sia esplicita e di cui, pertanto, Confindustria Moda e la Federazione Tessile e Moda non si ritengono responsabili.

 

 


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