Moda, Tessile, Abbigliamento

La tessitura italiana nel 2018/19 (Nota a cura di Confindustria Moda – Centro Studi per SMI)

luglio 10 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, Carpi, Como, Economia, News, Prato

Il 2018 DELLA TESSITURA ITALIANA SI E’ CHIUSO MEGLIO DELLE STIME DELLO SCORSO FEBBRAIO RIGUARDANTI IL FATTURATO (+0,8% CONTRO -0,3%). L’ATTIVO DELLA BILANCIA COMMERCIALE RISULTA SUPERIORE A 2,4 MILIARDI DI EURO, GRAZIE A UN FORTE CALO DELLE IMPORTAZIONI (-5,7%). Il 2019, NEL PRIMO TRIMESTRE, INVECE FA REGISTRARE UNA FLESSIONE SIA DELLA PRODUZIONE (-3,5%) CHE DELL’ESPORTAZIONI (-2,3%), NONOSTANTE L’OTTIMO ANDAMENTO DELLE VENDITE VERSO GLI USA (+15,5%) E QUELLO CONFORTANTE VERSO LA CINA (+3,2%) CHE NON BASTANO A COMPENSARE IL DATO NEGATIVO DELLA GERMANIA (-18,0%)

1. Il bilancio settoriale del 2018

La tessitura made in Italy (in un’accezione comprensiva di tessitura laniera, cotoniera, liniera, serica e a maglia), dopo l’inversione di tendenza messa a segno nel 2017, archivia il 2018 ancora positivamente: crescendo del +0,8%, il fatturato di comparto si porta così a 7.947 milioni di euro. Le prudenziali stime rilasciate lo scorso Febbraio in occasione della precedente edizione di Milano Unica, allorquando, complice il deterioramento congiunturale a livello globale, si era prevista una chiusura d’anno a -0,3%, risultano favorevolmente disattese. Tale performance sintetizza, peraltro, risultati molti differenziati che hanno interessato ciascun comparto qui considerato, come più avanti illustrato.

 

La tessitura vede confermare il suo ruolo di primo piano nell’ambito della filiera Tessile-Moda italiana, di cui copre, infatti, il 14,5% in termini di turnover complessivo (cfr. Fig. 1); tale incidenza sale, peraltro, al 38,8% se si circoscrive l’analisi al solo “monte” della filiera. Nell’ambito della tessitura, il comparto preponderante è sempre costituito dalla produzione laniera, che concorre al 42,7% del fatturato settoriale.

Seguono la tessitura cotoniera a quota 18,5%, quindi quella a maglia a quota 17,5%, poi la serica, che incide per il 17,3%, ed infine la tessitura liniera con una quota pari al 3,9%. Sulla performance media della tessitura nel 2018 hanno influito positivamente i risultati messi a segno in termini di turnover dal comparto laniero, in aumento del +4,0%, dalla tessitura serica, tornata a crescere (+2,1%) dopo un triennio caratterizzato da segno negativo, nonché dalla tessitura liniera risultata particolarmente vivace (+6,7%).

Di contro, flettono sia la tessitura cotoniera (-4,6%) sia la tessitura a maglia (-3,0%). Nel corso del 2018 tiene complessivamente anche il valore della produzione (che, nelle stime di Confindustria Moda, tenta di depurare il valore delle vendite totali dal contributo derivante dalla commercializzazione di prodotti importati), mostrando una dinamica pari al +0,3%.

Il mercato nazionale, intercettato dalla stima del ‘consumo apparente’, dopo il sostanziale assestamento del 2017, cala del -2,4%. Detta variazione, ancora una volta, media i risultati molto differenti ottenuti a livello di singolo comparto. In controtendenza rispetto al dato settoriale, i comparti della tessitura laniera, serica e liniera assistono a una dinamica di segno positivo sul mercato interno. A fronte di un più accentuato calo dell’import di semilavorati tessili, le produzioni italiane, spesso destinate a capi confezionati di successiva esportazione, risultano dunque premiate.

Guardando agli scambi con l’estero di tessuti “da” e “verso” l’Italia, nel 2018 emerge un quadro non particolarmente soddisfacente. Nell’arco dei dodici mesi l’export complessivo frena al -0,2%, variazione questa che porta il livello del fatturato estero a superare di poco i 4.310 milioni di euro. Contestualmente, le importazioni presentano una flessione non marginale (-5,7%%), portandosi a 1.889 milioni.

A fronte del suddetto andamento del commercio con l’estero, l’attivo commerciale di comparto evidenzia un miglioramento, ovvero 105 milioni di euro in più rispetto al 2017, oltrepassando così i 2,4 miliardi. Il surplus della tessitura concorre, dunque, al 24,8% del saldo commerciale della filiera Tessile-Moda (si ricorda pari a poco meno di 9,8 miliardi di euro).

Sotto il profilo geografico, nel 2018, come indicato in Fig. 2, nel caso del trade con l’estero la UE e l’extra-UE sono risultate, pur con intensità differenti, negative sia lato export sia lato import; unica eccezione è data dall’aumento delle vendite di tessuti nell’extra-UE.

Più in dettaglio, la UE cede il -10,0% su base annua nel caso delle importazioni, mentre flette del -4,0% nel caso delle esportazioni. Le aree extra-UE presentano un arretramento dell’import pari al -4,2%; di contro, palesano una crescita dell’export nella misura del +1,9% (a tal proposito si ricorda che, come specificato nella Nota in calce alla Fig. 2, vengono qui considerati i soli tessuti a prevalenza di fibra naturale, escludendo quindi i tessuti misti o di fibra chimica, cosa che determina una discrepanza rispetto al dato in Tabella 1).

Con riferimento all’occupazione, in corso d’anno non sono mancate riduzioni di manodopera addetta alla tessitura, specie per i comparti serici e cotonieri. Tuttavia, sulla base dei risultati emersi dall’Indagine Campionaria realizzata da Confindustria Moda per SMI le tessiture laniere appartenenti al panel nel corso del 2018, così come nel 2017, confermano la dinamica positiva degli addetti.

2. La tessitura italiana nei primi mesi del 2019

Per la tessitura italiana il 2019 si apre con una flessione del commercio con l’estero; anche l’attività produttiva interna torna interessata da un andamento altrettanto negativo. Secondo quanto diffuso da ISTAT relativamente alla produzione industriale (corretta per gli effetti di calendario) la tessitura ortogonale, nel periodo gennaio-marzo 2019, mostra un decremento tendenziale pari al -3,5%, che segue il forte calo (-8,3%) già manifestatosi nel quarto trimestre dell’anno 2018. Anche la tessitura a maglia si rivela cedente, sperimentando un -6,5% nel primo quarter, essendo peraltro in flessione già dal secondo trimestre 2018. Come si evince dalla Fig. 3, la tessitura si contestualizza in un quadro di settore piuttosto complesso, dove il Tessile totale vede una produzione in calo del -7,3% nel primo trimestre, peggiore quindi della sola tessitura.

Entrando nel merito dei risultati degli scambi con l’estero, nel caso delle vendite di tessuti oltreconfine si rileva una flessione del -2,3%, in peggioramento dunque rispetto al dato rilevato nel medesimo periodo del 2018, chiusosi, si ricorda, a -0,4%. Contestualmente, anche l’import arretra su ritmi analoghi, ovvero -2,4%. Di contro, nel gennaio-marzo il Tessile-Moda segna una crescita sia delle esportazioni (+2,4%) sia delle importazioni (+3,3%), crescita trainata dall’Abbigliamento-Moda. Del resto, mentre tutto il Tessile risulta stabile in termini di export (0,0%), il “valle” cresce del +3,5%; similmente, il “monte” chiude i primi 3 mesi a +0,9% in termini di import, l’Abbigliamento-Moda, invece, a +4,9%. Come lecito attendersi, tuttavia, il dato medio della tessitura cela performance molto differenti che hanno interessato le singole merceologie qui considerate, cioè i tessuti a maglia e i soli tessuti ortogonali a prevalenza di fibra naturale (cfr. Fig. 2 Nota 1).

In primis, l’export di tessuti lanieri cambia passo, cedendo il -2,4%; più in dettaglio, tuttavia, si registra un trend dicotomico tra il cardato, che aumenta del +4,1%, e il pettinato, che flette del -4,7%. In termini di volume, l’export dei tessuti lanieri cede peraltro il -9,6% (che deriva da un -3,2% dei cardati e del -14,5% dei pettinati). Timida crescita interessa, invece, le vendite estere dei tessuti in pura seta (+0,8% a valore, +3,5% a volume), mentre i tessuti in lino si incrementano oltreconfine del +9,5% (+8,7% in quantità). Le esportazioni dei semilavorati cotonieri flettono del -4,2% sia valore sia in tonnellate. Infine il tessuto a maglia cala del -2,6% (ma +0,7% a volume).

Passando all’esame delle importazioni, i tessuti lanieri presentano una contrazione del -2,7%, ma in tal caso il cardato scende di oltre -17,0%, mentre il pettinato registra una variazione del +0,5%. I flussi in ingresso di tessuti a maglia perdono il -3,3%. L’import di tessuti in cotone cala del -3,9%, mentre quello di tessuti in lino cresce del +5,0%. Un aumento si registra anche per il tessuto in pura seta, nella misura del +3,6%.

A fronte dei sopraccitati risultati, nel periodo gennaio-marzo 2019, il saldo commerciale della tessitura italiana nel suo complesso supera i 423,9 milioni di euro, in calo, dunque, di quasi 9,5 milioni rispetto al dato del corrispondente periodo del 2018. Analizzando i flussi di export sotto il profilo geografico, nei primi tre mesi del 2019 le vendite di tessuti mostrano un andamento riflessivo sia in ambito UE sia in ambito extra-UE; il trade comunitario segna un decremento pari al -3,8%, quello extra-UE contiene, invece, il calo al -0,7%. Da gennaio a marzo 2019 anche le importazioni, caratterizzate da un’elevata concentrazione dal punto di vista geografico nell’universo extra-UE (68,0%), registrano una flessione da entrambe le macro-aree: dalla UE cedono il -1,3%, dall’extra-UE il -2,9%.

Al di là del dato medio per macro-area, è opportuno analizzare le dinamiche sperimentate dai singoli Paesi, principali partner commerciali delle aziende italiane di tessitura (cfr. Fig. 4.2), che sperimentano, del resto, andamenti peculiari e spesso divergenti. Con riferimento ai principali sbocchi, la Germania accusa un calo particolarmente accentuato, nella misura del -18,0%; tale performance peraltro risulta generalizzata a tutte le merceologie qui considerate; va pur detto che nel primo trimestre 2018 la crescita era stata del +9,2%.

La Francia, secondo sbocco, contiene la flessione al -0,5%, mentre la Romania cede il -7,9%. Restando in ambito UE, non mancano tuttavia mercati caratterizzati da dinamiche positive: aumentano infatti le vendite dirette in Spagna (+11,1%), Portogallo (+18,5%) e Regno Unito (+13,7%). Relativamente alle aree extra-UE, cresce su ritmi sostenuti l’export verso gli USA (+15,5%), grazie alla maggior parte dei tessuti qui considerati, eccezion fatta per la pura seta. L’export verso la Cina sale del +3,2%, mentre Hong Kong perde il -9,2%; nonostante ciò, se sommati Cina e Hong Kong arriverebbero a 72 milioni di euro, al pari, quindi, della Germania. Restando nel Far East, il Giappone registra un aumento del +5,6%, il Vietnam (pur su livelli contenuti) del +28,5%. Mercati di breve raggio come Tunisia e Turchia presentano entrambi riduzioni del -15,0% circa.

Esaminando i mercati di origine dei tessuti importati in Italia, Cina e Turchia, primo e secondo supplier, assistono l’una ad un aumento nell’ordine del +2,8%, la seconda ad un decremento nell’ordine del -12,2%. La Cina assicura così il 27,2% dei tessuti importati in Italia, la Turchia il 18,8%. Al terzo posto, pur significativamente distaccato, il Pakistan mostra una variazione positiva pari al +12,6%. Perdono terreno i flussi provenienti dalla Repubblica Ceca (-1,8%) e soprattutto dalla Spagna (-20,2%), ma viceversa si incrementano da Germania (+9,7%) e Romania (+8,1%).

Al di là di queste prime scarne indicazioni relative al 2019, sarà l’appuntamento fieristico di Milano Unica a rivelarsi un termometro del mercato oltremodo significativo sullo status quo e sulle prospettive di medio termine che si dischiudono per il comparto. Intercettando gli orientamenti dei maggiori player/buyer del settore, sarà dunque possibile formare al meglio le aspettative sull’evoluzione della tessitura italiana nei mesi a venire.

Nota a cura di Confindustria Moda – Centro Studi per

 

 

 

 

 

 


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