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Le sfilate maschili si chiudono con alcuni interrogativi (da Fashion Magazine)

giugno 21 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

La tornata di défilé dedicati alla moda maschile per la prossima estate si chiude in modo insolito: più che dare risposte pone degli interrogativi. Meno compratori alle sfilate – ma tutti presenti in città per fare gli ordini – e collezioni che, a detta di numerosi buyer, sono state spesso ripetitive e poco creative. Che gli stilisti debbano osare di più? O anche i fashion show devono fare i conti con un sistema moda in trasformazione?
Mai come questa stagione è stato difficile raccogliere i pareri dei retailer arrivati nel capoluogo lombardo da tutto il mondo: di frequente insoddisfatti non hanno voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali o comunque hanno espresso pareri più o meno critici riguardo alla poca creatività e al fatto che senza novità portabili è impossibile allettare i consumatori.
“Se a Pitti mi aspetto di vedere la rivisitazione del formale in chiave moderna, a Milano invece vorrei trovare proposte fashion” commenta Kiyohiko Takada di Isetan a Tokyo. “Questa volta stilisti e aziende hanno toccato veramente il fondo nel proporre cose poco interessanti – sottolinea Alfredo Esteve dell’omonimo spazio nella spagnola Valencia -. Se non riescono a trasmettere a me entusiasmo figuriamoci se, a mia volta, posso motivare la clientela”.
“Sulle passerelle? Nulla di esaltante – ribadisce Michele Giglio dei negozi Giglio a Palermo -. Perché per l’uomo non si punta solo sulle presentazioni? O meglio: perché non si riuniscono in un’unica manifestazione, a fine giugno, le kermesse maschili e femminili? Potremmo così anche risparmiare tempo e denaro. Ci mancava solo di scoprire di essere stato a una sfilata i cui capi non verranno messi in produzione: siamo anche stanchi di essere presi in giro”.
Questo malcontento affonda probabilmente le radici in un cambiamento del fashion system di cui, a partire dai produttori, non si è forse preso ancora atto. “Sono stato a poche sfilate perché ho preferito scrivere alcuni ordini – dice Marzio Torcianti dei negozi Coltorti a Iesi (An), Ancona, Macerata, San Benedetto del Tronto e Miami -. Visto il periodo non facile, ormai si guarda più al business e alla concretezza e si vola meno sulle ali della fantasia: i fashion show sono importanti principalmente per i media perché noi dettaglianti abbiamo già effettuato la maggior parte dei nostri acquisti nelle precollezioni”. Per i buyer l’argomento più sentito non sono le tendenze, bensì l’andamento dei vari mercati e le difficoltà a fare pronostici perché ormai tutto può accadere (basti pensare alla tragedia che ha sconvolto il Giappone lo scorso 11 marzo). Anche su posti come Hong Kong e la Cina mainland, dove il sell out di prodotti di target elevato sta gratificando e non poco i retailer, incombono delle incognite, a partire dalle restrizioni che il governo ha imposto alla pubblicità di prodotti di lusso e che potrebbero essere estese alle vendite stesse. A eccezione di questi due Paesi e della Russia, che comunque aumenteranno i budget a doppia cifra, nelle altre nazioni gli ordini per la prossima estate verranno confermati e incrementati solo in relazione a nuove aperture.
In generale si ricercano prodotti con un giusto rapporto qualità-prezzo e la griffe in sé non basta più: non a caso dopo la sfilata di Gucci molti compratori sono corsi a vedere nel vicino hotel Diana la presentazione di un marchio italiano dal nome inglese, Julian Keen, le cui giacche made in Italy vanno in vendita a prezzi decisamente competitivi.
e.c.

(da Fashion Magazine – www.fashionmagazine.it)


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