Moda, Tessile, Abbigliamento

Moda uomo italiana in crescita di quasi 9 miliardi nel 2015

giugno 14 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

La moda maschile italiana (aggregato che comprende l’abbigliamento in tessuto, la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) archivia l’anno 2015 assistendo ad una prosecuzione del trend positivo, anche se in decelerazione rispetto al risultato conseguito nel 2014. Il turnover settoriale, crescendo del +1,4%, sale a 8,9 miliardi di euro circa. Lo indica il consueto rapporto annuale del Centro Studi della Federazione Tessile e Moda SMI-Sistema Moda Italia, basato su dati di ISTAT e Sita Ricerca.
Le previsioni rilasciate in occasione della scorsa edizione di Pitti Uomo (gennaio 2016) risultano lievemente disattese a seguito dell’ennesima freddata che ha colpito i consumi interni. Infatti, mentre le dinamiche di export ed import confermano le stime, le vendite sul mercato nazionale nella seconda parte dell’anno, nonostante la schiarita del bimestre settembre-ottobre, sono tornate riflessive e non hanno, quindi, compensato le gravose perdite dei primi sei mesi dell’anno.

Da un lato, pertanto, oltreconfine si registra un aumento del +2,3%, mentre il sell-out domestico permane in flessione, cedendo il -3,4% (similmente al 2014). Chiudono il 2015 con un incremento sopra media sia la maglieria sia la camiceria maschile (superando entrambe il 3%), mentre l’abbigliamento mostra una crescita prossima all’1%. Di contro, si rilevano flessioni delturnover complessivo sia per la cravatteria sia per la confezione in pelle, in arretramento anche oltreconfine a differenza degli altri comparti.

Il valore della produzione (variabile questa che approssima il valore dell’attività produttiva italiana al netto della commercializzazione dei prodotti importati), così come nel 2014, si mantiene in calo, nella misura del -3,5% (dato questo su cui gravano soprattutto gli arretramenti che hanno interessato maglieria e pelle).

Come anticipato, l’export mantiene il suo ruolo fondamentale a supporto della crescita della moda maschile italiana. Le esportazioni di settore, grazie ad una crescita del +2,3%, oltrepassano ampiamente i 5,6 miliardi di euro; in tal modo, l’incidenza dell’export sul fatturato passa al 63,6%, guadagnando 0,5 punti percentuali rispetto ai dodici mesi precedenti. Nonostante il rimbalzo del 2014, l’import resta caratterizzato da una dinamica sostenuta, pari al +7,8%, per un ammontare totale di 4 miliardi circa.

A fronte della suddetta dinamica che ha interessato gli scambi con l’estero, la moda maschile italiana sperimenta nel 2015 un assottigliamento del saldo commerciale, che si porta a 1,652 miliardi di euro.

Se si considera il mercato italiano, gli acquisti di moda maschile da parte delle famiglie residenti nel corso del 2015 perdono ancora terreno. Le rilevazioni effettuate da Sita Ricerca per conto di SMI indicano una diminuzione del sell-out per la moda maschile pari al -3,4% con riferimento all’anno solare. La seconda parte dell’anno è risultata meno negativa, tuttavia, nonostante il discreto bimestre settembre-ottobre, non si è verificato un pieno recupero. In particolare, sono rimasti in flessione i segmenti preponderanti, ovvero la confezione (54,7% del sell-out di moda maschile) e la maglieria (26,0% del mercato uomo), rispettivamente in calo del -4,4% e del -5,1% nei dodici mesi. Di contro, la camiceria evidenzia un’inversione di tendenza, che porta a contabilizzare una crescita del sell-out pari al +1,2%; le cravatte, tornate positive nel 2014, frenano al +0,3%.

A livello di canale distributivo (disponibile per stagione e, pertanto, relativo al periodo compreso da marzo 2015 fino a febbraio 2016), le catene, sorpassato il dettaglio tradizionale nel 2014, sono salite a quota 34,8%; tale canale, del resto, si muove in controtendenza e mette a segno nel periodo monitorato una crescita del +3,1%.

Sempre in area positiva, ma con uno share del 4,4%, troviamo il canale digitale, cresciuto del +10,3%. Di contro, con riferimento al dettaglio indipendente, si rileva una contrazione delle vendite intermediate pari al -11,5%, dinamica che porta tale canale a un’incidenza del 28,6% sul totale. L’universo della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) mostra una flessione del -2,5%, mentre si riscontra un ritorno d’interesse per l’ambulante (+2,7%).

Secondo i dati di fonte ISTAT, nell’anno 2015, la moda maschile ha assistito ad una prosecuzione del trend positivo sia sul fronte import sia sul fronte export.
Come anticipato nel commento del bilancio settoriale (dal quale erano però esclusi i prodotti junior), l’export ha dimezzato il ritmo di crescita rispetto al 2014 salendo del +2,4%, mentre l’import, dopo l’aumento in doppia cifra del 2014, presenta una dinamica ancora vivace, pari al +7,9%.

A livello di segmenti di prodotto, si registrano andamenti dicotomici: sperimentano un incremento delle vendite estere confezione e maglieria, rispettivamente del +2,4% e del +5,0%, così come la camiceria (+3,4%). Di contro, si conferma cedente l’export di cravatte (-3,8%), mentre l’abbigliamento in pelle arretra del -9,7%, annullando il buon risultato del 2014.

Con riferimento agli sbocchi commerciali, si sottolinea come sia le aree UE sia quelle extra-UE siano state favorevoli al comparto, pur crescendo rispettivamente del +3,9% e di un più modesto +0,8%. Il mercato UE si conferma, pertanto, il maggior acquirente, con una quota del 52,6% sull’export totale di settore. In primis va rilevato come gli Stati Uniti, grazie all’ottima performance, nella misura del +12,6%, superano la Francia per valore complessivo dell’export, divenendo così il primo mercato di sbocco. Proprio la Francia, secondo cliente, flette del -5,1%, mentre si muovono positivamente gli altri principali Paesi europei: la Germania assiste ad una variazione pari al +4,8%, mentre Regno Unito e Spagna crescono entrambi quasi dell’11%.

Passando, invece, all’analisi del Far East, nel 2015 si sono rivelati sottotono sia Hong Kong sia la Cina: il primo non va oltre un +0,7%, la seconda frena al +0,1%. Di contro, il Giappone, tornato finalmente positivo, è stato interessato da un rimbalzo a doppia cifra, nella misura del +11%.

Pur meno rilevante per la moda maschile rispetto a quella femminile, la Russia perde oltre il -30% (calo che segue, peraltro, il -16% circa accusato già nel 2014)
Relativamente alle importazioni, nel 2015 la moda maschile assiste ad un generalizzato aumento. Più nello specifico l’import di capi in tessuto cresce del +6,1%, quello di maglieria del +10,2%, similmente a quello di camiceria (+10,7%). Le cravatte, dopo la variazione del +16,4% messa a segno nel corso del 2014, si stabilizzano (+0,1%), mentre l’import di abbigliamento in pelle cresce del +3,9%.

Con riferimento alle performance sul fronte dei mercati di approvvigionamento, la Cina si conferma in assoluto top supplier; cresciuta del +5,4%, supera il tetto del miliardo di euro, assicurando il 21,7% della moda uomo importata in Italia. Il Bangladesh, secondo supplier, risulta in crescita del +21,8% e sale così ad uno share del 12,6% del totale importato di settore. Mentre la Romania presenta una variazione positiva del +4,8%, sia Tunisia sia Turchia calano del -1,2%. Infine, si registrano crescite superiori al 10% per l’import proveniente da Francia, Belgio e Spagna.

Per la moda maschile italiana il 2016 si è aperto con un cambio di passo: sia l’import sia l’export mostrano, infatti, un decremento rispetto al gennaio-febbraio 2015, rispettivamente pari al -2,0% e al -1,1%, secondo i dati ISTAT attualmente disponibili.

Nei primi due mesi dell’anno, l’aumento dell’export risulta circoscritto al segmento della maglieria (+4,5%); l’abbigliamento cede il -1,5%, la camiceria il -6,3%, mentre la confezione in pelle oltre il -10%.

In termini di sbocchi geografici, si registra un andamento contrapposto con riferimento alle due macro-aree: le vendite nei mercati UE fanno registrare un aumento del +2%, mentre quelle extra-UE calano del -4,7%. Se si guarda ai principali mercati comunitari, crescono Germania (+4,2%) e Spagna (+7,1%), mentre flettono Francia (-1,4%) e Regno Unito (-3,7%).

In ambito extra-UE, calano gli USA (-6,9%, a fronte di un aumento del +12% nel gennaio-febbraio 2015), la Svizzera (-6,6%), nonché Hong Kong (-1,2%); crescono, viceversa, le vendite dirette in Giappone (+4,5%) e Cina (+12%, negativa invece nel primo bimestre dello scorso anno).

Indicazioni più confortanti si rilevano con riferimento all’Indagine Campionaria condotta da SMI presso un panel di aziende operanti nella moda Uomo. Sulla base delle elaborazioni effettuate sui dati di fonte aziendale, la raccolta ordini del primo trimestre 2016 risulta comunque positiva (+2,1% in media tra raccolta nazionale ed estera). Interrogato sull’evoluzione della congiuntura, il 50% del campione confida in una “stabilità” delle condizioni di business, mentre il 30% prevede un miglioramento.


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