Rimborsi al Km esenti da contributi anche senza scheda
febbraio 21 | Pubblicato da Luigi Sorreca | EconomiaIl datore di lavoro che vuole avvalersi dell’esenzione contributiva sui rimborsi chilometrici corrisposti ai dipendenti non è obbligato a dare prova analitica degli stessi mediante una scheda mensile o un altro documento analogo. È questo quanto sostenuto dalla Suprema Corte di cassazione con la sentenza 2419/2012, depositata ieri. La vicenda dedotta in giudizio non pone in discussione l’esenzione contributiva dei rimborsi chilometrici; oggetto del contendere, tra l’Inps e un’impresa privata, è il cosiddetto onere della prova e, in particolare, le modalità probatorie richieste dalla legge, per la sua operatività.
Secondo l’ente previdenziale, che richiama i consolidati orientamenti giurisprudenziali, è il datore di lavoro che chiede l’applicazione di una normativa di favore (riduzione contributiva, sgravi, esclusione dalla base imponibile, eccetera) a dover dimostrare di averne diritto. Tale dimostrazione, sempre secondo l’Istituto, deve avvenire tramite la produzione di una documentazione dettagliata e analitica. Di diversa opinione, invece, l’azienda che riteneva sufficiente quanto esibito in sede di verifica. La vicenda giudiziaria abbraccia un arco temporale che va dalla fine del 1996 a metà del 2001. In tutto questo periodo la materia è stata disciplinata dapprima dall’articolo 12, della legge 153/69 e successivamente dal Dlgs 314/97.
Entrambe le disposizioni hanno fornito una definizione di retribuzione imponibile previdenziale che ricomprende, in maniera globale, tutte le somme e i valori corrisposti dal datore al lavoratore, in relazione al rapporto di lavoro. Le medesime norme hanno, altresì, indicato le voci parzialmente o totalmente escluse dalla contribuzione. Si tratta di un’elencazione tassativa, non estendibile a nessun altro elemento retributivo, neanche per analogia. Tutte le disposizioni hanno, tuttavia, in comune un fondamento: non sono dovuti i contributi su somme corrisposte con funzione diversa da quella retributiva; principio che non è stato intaccato neanche dalla riforma che ha introdotto la così detta armonizzazione delle basi imponibili fiscali e previdenziali.
Tra le varie voci che la legge considera esenti vi sono anche i rimborsi delle spese sostenuti dal lavoratore per spostamenti chilometrici percorsi fuori dal comune ove è ubicata la sede di lavoro; la loro quantificazione deve avvenire sulla base delle tariffe Aci e va comprovata da idonea documentazione. È proprio su quest’ultimo aspetto che la Suprema Corte incentra la propria decisione, sostenendo che nessuna disposizione legislativa ha mai voluto fortemente gravare il datore di lavoro di un onere della prova, riferito ai rimborsi chilometrici, tanto pressante da obbligarlo a esibire una dettaglio analitico di svolgimento degli stessi.
La corte di Cassazione afferma, quindi, che per avvalersi dell’esenzione non è necessario produrre una scheda mensile per ogni dipendente contenente l’indicazione dei viaggi giornalmente compiuti e i chilometri percorsi. Si osserva che la Sentenza pur affermando un importante principio di merito, si riferisce alla singola controversia.