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Rimoldi (Uib): “Bene fino a maggio, poi frenata. Ora scommettiamo sulle nuove collezioni”

settembre 30 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, Carpi, News, Prato

È ancora tutto in chiaro-scuro, il 2016, per la filatura italiana. L’anno si è aperto con l’indice di produzione industriale di settore in discreta crescita (+2,6%) ma il vento favorevole è durato sostanzialmente sino a maggio. Poi, da giugno, una progressiva frenata ha reso più difficili le dinamiche del comparto, spingendo gli operatori a guardare al dopo ferie come periodo foriero di un nuovo vento. Purtroppo, per ora, sul mare regna ancora la bonaccia e “Filo” costituisce un appuntamento per sentire l’aria che tira in questa ultima parte dell’anno. Peraltro, nei primi 4 mesi del 2016, anche il trade con l’estero della filatura italiana è restato interessato da una dinamica piuttosto fiacca, pari al -0,2%.  Guardando però alla realtà biellese, nel primo semestre dell’anno, l’export di filati di fibre tessili made in Biella ha permesso al comparto di realizzare complessivamente un +3,2% in valore (secondo quanto risulta dalle banche dati Istat), con incrementi sia verso l’Ue a 28 (+4,4%) sia verso l’Asia (+3,4%), ma con una perdita molto netta (-36,7%) verso gli States. La situazione resta fluida e frastagliata, perché i singoli mercati danno luogo a performances assai diverse: se, come visto, il flusso verso l’Ue cresce, è pure vero che verso la Germania, seppur di poco, il flusso cala (-0,9%) mentre esso aumenta verso Francia (+2,9%) e Spagna (+2,4%). Lo stesso vale per l’Asia, area verso cui l’export di filati di fibre made in Biella aumenta con una dinamica favorita soprattutto da dinamiche espansive verso la Cambogia (+66%) e la Corea del Sud (+34,2%), ma con cali verso Cina (-4,3%) e Giappone (-19,3%). «Sono dati – commenta Roberto Rimoldi (in foto), titolare di “Filatura Luisa 1966” e capogruppo dei Filatori Uib – che dicono tutta l’incertezza del settore. In effetti, il primo semestre ha avuto un andamento positivo, in particolare tra febbraio e maggio. Poi è iniziato un rallentamento che è divenuto sempre più simile ad una frenata. La speranza resta quello di un recupero post ferie, ma, per ora, l’orizzonte resta piatto».

“Filo” sarà un’occasione per valutare l’evoluzione nei prossimi mesi?

«Sì nel senso che sarà occasione di confronto con buyers e operatori di settore. Certo, però, a quest’edizione si presenta l’estivo e, per noi lanieri, esso non è propriamente un test dirimente».

A che cosa ritiene possa essere dovuta la frenata avvenuta nel settore prima delle ferie?

«Direi soprattutto alla grande riduzione di volumi sul mercato americano che, per noi, gioca comunque un ruolo importante. Poi, la mitezza particolare dell’inverno ha ridotto il sell out, con conseguente minor necessità di riassortimento per il retail».

Il sistema dei saloni tessili sta rivedendo i tempi e le date. La decisione di Milano Unica potrebbe condizionare le dinamiche della filatura?

«Noi siamo fatalmente costretti a seguire le tempistiche del “valle”. I confezionisti premono sui tessitori per anticipare le collezioni e questi, ovviamente, hanno a loro volta bisogno prima dei nostri filati».

I dati congiunturali sulla filatura biellese, pur nel trend complessivo di tenuta, risultano migliori di quelli che il settore ha incassato a livello nazionale.

«Questo è, in parte,  vero. Non darei però una lettura “anticiclica” del nostro settore o semplicemente di maggior reattività: il fatto è che la razionalizzazione di questi ultimi anni è stata durissima e chi è rimasto sul mercato fatalmente si è rafforzato. Però, per continuare a stare sul mercato, in un contesto molto competitivo, dobbiamo continuare ad investire massicciamente in ricerca e innovazione nonché imparare a fare squadra».

Un fare squadra che, però, sembra essere mancato nel momento in cui si è dovuto trovare un numero minimo di partecipanti per ripetere l’esperienza all’interno di Milano Unica China…

«In questo caso, però, la mancata partecipazione non è dipesa da miopia o eccesso di individualismo, ma dal fatto che quel mercato non è sentito appetibile dalla filatura biellese nel complesso. Piuttosto, dovremmo concentrare gli sforzi comuni su un mercato che garantisca dei ritorni importanti».

 


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