Moda, Tessile, Abbigliamento

Silicosi, ieri si moriva in miniera oggi per i jeans vintage

gennaio 12 | Pubblicato da Luigi Sorreca | News

 

E’ interessante vedere il percorso che la società ha fatto per arrivare ad accettare il collegamento tra la malattia e determinate condizioni di lavoro; parte di questo percorso è stato ricostruito da Francesco Carnevale, presidente della Fondazione Michelucci, durante il convegno dedicato alla silicosi, che si è tenuto ieri a Roma, presso la sede dell’Inail

ROMA – Il Novecento è stato il secolo del lavoro e sarà ricordato anche come il secolo che ha visto l’affrancamento del lavoratore da tante malattie professionali, causate appunto da alcune condizioni di lavoro. Una di queste è la silicosi, dovuta ad un’esposizione elevata alla silice cristallina libera.
E’ interessante vedere il percorso che la società ha fatto per arrivare ad accettare il collegamento tra la malattia e determinate condizioni di lavoro; parte di questo percorso è stato ricostruito da Francesco Carnevale, presidente della Fondazione Michelucci, durante il convegno dedicato alla silicosi, che si è tenuto ieri a Roma, presso la sede dell’Inail.

«La prima discussione sulla silicosi come malattia dei lavoratori risale ai primi anni dell’800, quando in Gran Bretagna morirono alcuni lavoratori che affilavano coltelli. Una secondo, violenta crisi si è avuta durante la ricerca dell’oro in Sudafrica nei primi anni del ’900, quando sono stati introdotti alcuni martelli che producevano molta più polvere rispetto ai picconi. Negli anni ’30 c’è stata un’altra crisi importante negli Stati Uniti che ha colpito alcuni lavoratori che stavano costruendo una galleria per l’energia elettrica. In Italia, la prima crisi è stata tardiva: alla fine degli anni ’30 alcuni lavoratori hanno fatto una serie di cause ai datori di lavoro per essersi ammalati sul posto di lavoro e nel 1943, in piena guerra, venne emanata la legge sull’assicurazione da silicosi».

In questa storia si inserisce tutto un dibattito medico, che in un certo senso ha contribuito a ritardare la definizione di silicosi come malattia da lavoro: una delle cause di questo ritardo è stata l’eccessiva speranza riposta dai medici nei farmaci capaci di ridurre l’impatto della silicosi.

Ma oggi la silicosi è ancora un problema attuale, soprattutto in alcuni paesi. La Turchia, ad esempio, dove la silicosi colpisce lavoratori giovani del settore tessile. Ebbene, se nel secolo scorso la silicosi uccideva in miniera o nei cantieri edilizi, oggi uccide nei laboratori di jeans. Sì perché per ottenere quell’effetto vintage che rende il jeans un capo d’abbigliamento ancora più alla moda, bisogna spruzzargli sopra un getto di sabbia con aria compressa che spesso contiene silice cristallina.

Il capo d’abbigliamento simbolo della globalizzazione (se ne producono oltre 5 miliardi di paia all’anno) diventa anche un simbolo di morte. Un fenomeno assurdo che ha ispirato un libro dal titolo abbastanza eloquente «Jeans da morire», (editore Ediesse) scritto da Silvana Cappuccio, sindacalista della Cgil esperta di problemi internazionali del lavoro nel settore tessile e dell’abbigliamento.

«Mi sono occupata della silicosi durante la mia esperienza alla Federazione Internazionale dei lavoratori del tessile abbigliamento e cuoio che mi ha portato come cooperante in molti paesi terzi. Ho scoperto questo fenomeno nel 2009, quando il Ministero della Salute della Turchia ha messo al bando l’uso della silice nei processi di sabbiatura dei jeans e di altri prodotti tessili -

 


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