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Credito alle imprese: è allarme rosso

aprile 26 | Pubblicato da Luigi Sorreca | Biella, Carpi, Como, News, Prato

Il vicepresidente dell’Unione Industriale Pratese Cangioli: “La situazione sta precipitando: rischi inimmaginabili anche per le aziende più sane e patrimonializzate”.

A dispetto di chi nega o minimizza l’esistenza del credit crunch, i problemi delle imprese nei rapporti con le banche crescono per numero ed entità: a registrarli è lo Sportello Credito dell’Unione Industriale Pratese, che in questi giorni ha visto intensificarsi le richieste di intervento.

“La situazione è peggiorata nelle ultimissime settimane, se non addirittura giorni, tanto che non abbiamo avuto il tempo materiale di effettuare una rilevazione strutturata e statisticamente attendibile del fenomeno” spiega il vicepresidente dell’Unione Industriale Pratese Vincenzo Cangioli “E’ certo comunque che se c’era allarme prima, oggi ce n’è di più e bisogna cominciare davvero a temere effetti devastanti. Ad essere in difficoltà sono in primo luogo le imprese che al credito fanno ricorso in maniera continuativa e sistematica, spesso avendo le carte in regola per farlo; ma ormai il problema investe perfino aziende di eccellenza, che sono ben patrimonializzate e ‘liquide’ ma che hanno clienti impossibilitati a pagarli perché a corto di risorse finanziarie e ignorati dal sistema creditizio. Questo è un aspetto molto delicato e importante della questione, che contraddice anche i sostenitori ad oltranza di un approccio ‘darwinista’ che accetta o addirittura auspica restrizioni per imprese in grave difficoltà e punta a salvaguardare quelle virtuose. Attenzione perché questo principio, anche se per molti aspetti condivisibile, funziona solo se comunque un po’ di circolazione di denaro c’è: se, come in questo momento, si sfiora la paralisi si finisce per fare terra bruciata di tutto e tutti, deboli e forti.”

I problemi del credito sono stati oggetto di contatti recenti dell’Unione Industriale Pratese, oltre che con Confidi Imprese Toscane, anche con Fiditoscana, trovando consapevolezza, ascolto e volontà di intervenire.

“Ma è necessario fare presto – prosegue Cangioli –. Il fattore tempo è decisivo: la percezione che abbiamo è di una frana che rischia di divenire inarrestabile.”

Parte dei problemi potrebbero in effetti essere affrontati positivamente attraverso interventi della Regione Toscana volti a facilitare l’accesso delle imprese alle garanzie di Fiditoscana attraverso il rilancio del “Protocollo Emergenza Economia”. Un sollievo potrebbe venire ad esempio dal ripristino della misura per il reintegro della liquidità indipendentemente dall’invarianza o meno dell’entità della forza lavoro: oggi, fatta eccezione per l’edilizia e per pochi altri settori, per fruirne è necessario non avere avuto alcuna riduzione di personale, una condizione purtroppo poco diffusa. Un altro problema è rappresentato dal parametro dell’incidenza degli oneri finanziari sul fatturato:  sia per la misura di Fiditoscana per il reintegro della liquidità (limitatamente ai settori che possono ancora fruirne) sia per i fondi per gli investimenti è necessario attualmente che non si superi il 5%. L’aumento dei tassi ha reso tale parametro troppo restrittivo: se ne auspica l’innalzamento.

Ma anche qualora l’intervento di Fiditoscana divenga più massiccio e gli stessi Confidi, in prima linea per sostenere le imprese, incrementino i loro sforzi anche grazie ad auspicabili ulteriori sostegni finanziari al proprio patrimonio, non è detto che questo basti. Entrambe queste strutture hanno solo la finalità di concorrere con le imprese a fornire garanzie alla banche, che rimangono i decisori ultimi della fattibilità dell’operazione richiesta e che spesso non si accontentano nemmeno di garanzie molto alte. Da qui la richiesta alla Regione di reintrodurre un fondo rotativo – non più operativo da oltre un anno per carenza di risorse – che immetta direttamente nelle aziende le risorse di Fiditoscana, senza necessità di transitare dalle banche.

“E’ accaduto che le garanzie di Fiditoscana e di Confidi abbiano coperto fino all’80% della somma richiesta, lasciando quindi come quota di rischio per le banche il residuo 20%: eppure anche in queste condizioni non sempre le banche concedono il fido, bloccando con il loro ‘no’ l’intera operazione – conclude Cangioli –. Alla fine si torna sempre lì: alla necessità che le banche facciano le banche e non solo gli investitori finanziari. E’ necessario che la Regione acceleri i tempi per l’operatività di nuove misure di intervento, tarando il proprio ruolo su questa situazione emergenziale. A questo fine è tanto più necessario un più attento e continuativo monitoraggio da parte della stessa Regione, anche avvalendosi della collaborazione delle associazioni di categoria, per capire cosa accade nel mondo del credito, alla luce dei protocolli sottoscritti e recentemente aggiornati. Altrimenti rischiamo di avere banche piene di soldi e aziende al tracollo: ma può andare avanti un paese in questo modo? Possono sussistere in prospettiva le stesse banche se le aziende chiudono per mancanza di liquidità?”.

 


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